(A. Angeloni) La Roma è riuscita a ricominciare da Bologna, forse quando la Juve sembra ancor più irraggiungibile. Il post derby è stato assorbito nel risultato, forse non nella prestazione, condizionata dal gran caldo e da qualche paura ancora nascosta. Per questo, Spalletti pensa a tirare su la squadra e a farle i complimenti. «I ragazzi si sono comportati da professionisti, si sono allenati con il ‘ghigno’, nella maniera corretta e hanno giocato con un caldo che spezzava le gambe, sono stati perfetti. Benissimo Fazio, Nainggolan e Strootman, bene De Rossi. Dzeko deve dare di più, deve migliorare, non solo nei gol, ma deve stare di più dentro la squadra: la rete che fa gliel’hanno ben preparata gli altri», l’esordio del tecnico giallorosso, che torna a stimolare Edin anche il giorno del suo 34esimo gol. Le paure, dicevamo, forse sono scese in campo con la linea dei difensori schierata a Bologna, un quartetto composto da soli centrali – qui Spalletti non è d’accordo («Non sono quattro centrali, Jesus e Ruediger sono anche terzini»). «Una linea difensiva perfetta. Non dovevamo prendere le ripartenze dai loro esterni. Dovevamo gestire bene e avere equilibrio in difesa senza farci trovare in difficoltà e con questo schieramento avevamo più “liberi” gli attaccanti. Eccetto qualche pallone a scavalcare, siamo andati molto bene», ribadisce Lucio, che non parla più del suo futuro, sostiene solo che «da qui in avanti ci giochiamo molto, tutti. Io, i giocatori, la società. Sono sette partite importanti. Alla fine tireremo le somme». Anche se la società sta pensando da tempo al post Spalletti.
LA SPERANZA La speranza di agganciare la Juve passava da Bologna, dove arriva una vittoria importante, ma saranno determinanti le prossime e non dipenderà solo dalla Roma. «Bisognerà abituarsi ad avere un rendimento costante. La Juve è distante, ma noi ci dobbiamo credere sempre, almeno finché la matematica ce lo consente. Venivamo da un momento negativo, ma ci stiamo riprendendo. Si può sbagliare qualcosa, come è successo nell’ultima partita, ma per la troppa voglia di fare, mentre qui al Dall’Ara la squadra ha riconosciuto gli errori fatti, ha avuto equilibrio e vinto una partita delicata». Poi, spazio per l’analisi della stagione, a tratti deludente, con un pizzico di ironia. Spalletti, giustamente, difende il suo lavoro, fatto di 71 punti, otto più rispetto alla medesima giornata della scorsa stagione. Per non parlare dei gol, 103 in 47 gare. «Per ora abbiamo fatto ridere (eccolo il ghigno ironico, ndi). Mancano sette partite che possono determinare la classifica, se riusciamo a fare bene l’annata prende un sapore diverso nonostante le sconfitte, che a viverle addosso hanno un peso diverso. Se si vogliono trovare lati positivi ce ne sono molti, ma il finale di stagione va onorato al meglio. La cosa più importante sarà vedere quanti punti avremo fatto da quando ho preso questa squadra nei confronti di Juve, Inter e Milan. Una sconfitta ci sta, ma perdendo le partite determinanti c’è qualcosa da rivedere sotto l’aspetto del carattere».
LA CORSA PER TOTTI E MOMO La Juve ha qualcosa di più, ma per Spalletti la vera differenza non è nel numero della rosa, ma nel tipo di scelte che si fanno di partita in partita. «Dovevo cambiare di più io in queste occasioni così ravvicinate. E poi, abbiamo subito quattro infortuni al crociato, un qualcosa di insolito. Con tutti a disposizione si poteva avere qualità di primo livello in più». Bologna-Roma finisce con Lucio a rincorrere Totti e Salah mentre stavano rientrando nello spogliatoio: voleva che tornassero indietro a salutare i tifosi. Ma ormai era troppo tardi.