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Il Tempo Dzeko e l’annata «quasi perfetta»

(E. Menghi) Esattamente un anno fa, il 3 aprile 2016, segnava il gol del momentaneo 2-0 alla Lazio, nel derby di ritorno di campionato vinto poi 4-1 dalla Roma. Quella partita Dzeko l’aveva iniziata dalla panchina, perché Spalletti preferiva il terzetto corsa e fantasia formato da Perotti, El Shaarawy e Salah. Solo l’egiziano ha mantenuto il posto da titolare in squadra, man mano che il bosniaco cresceva e a suon di gol scriveva la storia romanista. Entrato al minuto 60, ci aveva messo appena 5 minuti a trovare il raddoppio, ma allora non gli bastò per scalare le gerarchie: 169 minuti sui 630 disponibili dalla sfida coi biancocelesti in poi.

Sembra di raccontare un passato remotissimo, quasi impossibile. Edin era una riserva di lusso, adesso e un lusso di cui non si può fare a meno. Il secondo più sfruttato dopo Nainggolan in stagione con 3.352 minuti e il secondo dietro Szczesny in campionato (2.456′): un imprescindibile. E ci mancherebbe. Sabato sera Dzeko ha fatto il minimo indispensabile, con due lampi ha chiuso la partita e, soprattutto, si e iscritto in un registro speciale, commettendo quasi un sacrilegio: ha superato Totti, ma anche Volk e Manfredini, nella classifica dei migliori bomber della Roma in una stagione. Ha toccato quota 33, 23 in campionato (Belotti ieri l’ha agganciato in vetta alla graduatoria dei cannonieri della A) e 10 nelle coppe. Solo nel 2008/09 aveva segnato di più: 36 centri, giocava in Bundesliga con il Wolfsburg, aveva 23 anni e ancora doveva attraversare le tappe più importanti della sua carriera, conoscere limiti e delusioni professionali, superarli e diventare il giocatore che è oggi.

Dalle 8 reti del passato campionato alle 23 dell’attuale, Edin si è triplicato. A breve sarà anche doppiamente papà. Insomma, carriera e vita sembrano aver curvato nel verso giusto. Basta ascoltare l’Olimpico per sentire il cambiamento: i fischi sono un lontano ricordo, i tifosi hanno dimenticato l’annata storta del bosniaco e ora lo venerano. Tanto da riservargli una standing ovation mentre lascia il campo, nonostante a entrare sia quel Totti appena sorpassato con un record impertinentemente storico. Ovazione per l’uno e per l’altro, senza il peso del paragone che assillava Dzeko un anno fa. Domani può trasformarsi in idolo vero e proprio, fare quel che all’andata non gli è riuscito: gol. Il piede è caldo, il feeling coi derby risale ai tempi di Manchester, sponda City: da protagonista ne ha giocati 7, 6 in Premier e uno in Community Shield, doppietta nel 3-0 del 25 marzo 2014, altri 2 gol e un assist nel successo storico per 6-1 all’Old Trafford (23 ottobre 2011) e una rete nella sconfitta per 2-3 in finale di supercoppa inglese (7 agosto 2011).

Nelle prime due stracittadine in giallorosso ha lasciato il segno: un gol nel 2-0 dell’8 novembre 2015 e uno nel 4-1 sopracitato. Si è fermato lì e nei successivi due, giocati per intero, è rimasto a bocca asciutta. Il risultato pesante dell’andata in Coppa Italia chiama l’impresa e nessuno come lui può guidare la Roma verso l’obiettivo rimonta. «E’ una gara troppo importante per tutti noi, dobbiamo – ha detto dopo l’Empoli – prepararla bene. Non abbiamo fatto bene la volta scorsa, è difficile ribaltare il 2-0, ma siamo una squadra forte e faremo di tutto per fare un risultato che ci porti alla finale». Lui ci crede e ha voglia di coronare la stagione perfetta con un titolo, mettere la ciliegina sulla torta. «Ho fatto 33? Era meglio 34», ha detto l’insaziabile bomber sabato e l’occasione per ritoccare lo score arriva subito. Magari con un gol di testa, che resta il punto debole del gigante da record.

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