(K. Karimi) – Mi sento fortunato. Da tifoso della Roma e da folle appassionato di pallone. Perché dal 1994, da quando ho ricordo di essermi accostato al magico mondo del calcio giocato, Francesco Totti c’è sempre stato. Fino ad oggi, 28 maggio 2017, il ‘blue day’ per eccellenza del tifoso romanista moderno, con effetti ancor più tristi e desolanti del post Roma-Lecce o dei rigori falliti contro il Liverpool.
Mi sento ancor più fortunato perché ho potuto conoscere e ammirare Francesco prima che diventasse Totti. Oggi tutti parlano di lui, tutti si sentono in grado di giudicarlo, di elogiarlo, di spendere encomi. Persino società e tifoserie che fino a un paio di mesi fa lo apostrofavano in modi ben diversi e tutt’altro che gratificanti. Totti è ‘mainstream’, è ‘trend-topic’ per dirla nel linguaggio odierno e social. Ma personalmente preferisco ridurlo ai ricordi della mia infanzia, dell’innocenza, della prima passione.
Francesco è il ragazzotto dal viso simpatico e dall’occhio azzurro, che dopo ogni allenamento tornava nella sua Via Vetulonia, tra una partita a flipper al ‘Bar Lustri’, quattro chiacchiere con il suo meccanico di fiducia, una passeggiata con mamma Fiorella o con l’amico di sempre Giancarlo. Taciturno, un po’ schivo ma già ironico, soprattutto quando i ragazzini come me, dopo essere usciti dalla ‘Manzoni’ di fronte casa sua, lo assalivano per farsi autografare i quaderni di matematica. Umile e simpatico, come quando appena ventenne rispose “Meglio gay che laziale” ad una scritta volgare in spray blu cobalto che campeggiava sul muro di fronte alla sua prima abitazione. I primissimi amori e i primissimi insulti dei tifosi avversari, l’inizio di una storia romantica e spassionata con la Roma, con i suoi ammiratori, con la gente della città in cui è sempre voluto rimanere.
Questo è Francesco, il primo stadio di un’evoluzione che lo ha portato a diventare numero 10, capitano, simbolo, campione e finalmente Re di Roma. Tutti vogliono un pezzettino di Totti, anche chi lo detestava per i suoi modi pratici e sprezzanti, per i suoi sfottò e per le esultanze indimenticabili. Ma Francesco è dentro ognuno di noi, dentro ogni romanista che ci crede, che spera, che ogni domenica è vittima di tachicardia e sudori freddi davanti a 22 uomini in calzoncini che si contendono un pallone, che sogna ancora la Roma campione. Gol, giocate, numeri, dichiarazioni…Tutto meravigliosamente perfetto. Ma per me Francesco viene prima di Totti, perché il ragazzo spensierato, oggi splendido padre di famiglia, è la sintesi del romanismo, dell’amore, dell’orgoglio intimo e fiero che smuove anche il più freddo dei tifosi. Perché da domani la storia della Roma non sarà un funerale, visto che Francesco sarà ancor più parte di noi; campione, capitano, bandiera ma soprattutto romanista vero.
GGR