(F. Bocca) The Last Waltz, l’Ultimo Valzer di Francesco Totti. Pronti, eccolo, lo hanno annunciato, lo sapevamo. Però fa impressione lo stesso scoprire che non ti resta che un mese di prato e di pallone davanti. Una primavera che non arriverà mai all’estate. Ancora un mese e Totti diventerà un ex, un ricordo, ed è già tantissimo: c’è chi nemmeno lo lascia un ricordo, ma passa e va. Totti no, Totti ha quasi tracciato il solco come Romolo. Se un ragazzino oggi dovesse elencare cinque cose di Roma, cosa metterebbe? Magari il Colosseo, il caos, le auto blu, la monnezza. E Totti.
Non si può cadere dalle nuvole. L’addio di Totti era un’ossessione con cui si facevano i conti da troppo tempo. A 40 anni ogni giorno può essere l’ultimo. Però nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbe finita così, con un annuncio dopo un derby perso male, una guerra intestina con Spalletti che ha dovuto fare i conti con l’inesorabile tramonto del campione e ha mostrato severo e perfido cinismo elemosinandogli gli ultimi minuti di calcio della sua carriera. E soprattutto con le parole di uno sconosciuto che viene dalla Spagna — fino a ieri ma chi lo conosceva Ramon Rodriguez Verdejo, detto Monchi? — a spiegare a chi lo ha venerato per 24 anni che Totti ha chiuso e che per lui a Trigoria non c’è più un pallone ma una scrivania. Assurdo.
Fece così anche la Juve con Del Piero, ma a dirlo fu comunque un Agnelli. E fino a prova contrario la Juve è sua. Alla Roma nessuno ha voluto oscurare la storia: Totti si è illuso di essere eterno, il club americano è rimasto schiacciato e impotente di fronte al totem di Totti piantato a Trigoria accanto alla lupa capitolina, Spalletti lo ha accantonato sentendone però sempre di più l’ingombro, al ds arrivato dalla Spagna, e atterrato a Roma come il marziano di Flaiano, hanno messo subito in mano la patata bollente: «Dillo tu». E così il totem di Totti si è ritrovato scalzato, forse col rimpianto non solo di doversi fermare qui ma anche con quello di non essere nemmeno riuscito a pilotare fino in fondo il suo futuro, di non essere nemmeno riuscito a dirlo lui.
Ci si avvia così, con l’annuncio del marziano Monchi, a una pentecoste tottiana, un maggio trionfale e malinconico in cui festeggiare e salutare chi della Roma ha fatto ragione di vita e ci ha vissuto un quarto di secolo dentro. Ma che da quando la Roma è diventata americana, con un presidente che vive a Boston, si è ritrovato, lui più romano di tutti, a essere sempre di più un’eccezione, un idolo ingombrante. Il tempo passa e nessuno può farci nulla. The Last Waltz, l’Ultimo Valzer (The Band, 1976, anno di nascita di Totti).