(P. Valenti) – Da qualche recondito angolo della mia memoria, qualche giorno fa è riemersa la figura di Friedrich Hegel. Austera, capace di costruire un sistema di pensiero monumentale con un grosso pregio: quello di poter essere ricordato anche dagli studenti meno disciplinati nel suo concetto base, quello che risponde alla dinamica tesi-antitesti-sintesi che, per il filosofo tedesco, costituisce la chiave di lettura dei processi evolutivi. Nei quali, in quanto soggetti del reale, rientrano a pieno titolo anche le società di calcio. In particolare l’AS Roma che, in maniera forse più evidente di altre, dall’avvento della proprietà americana ad oggi ha costituito l’esempio più comprensibile della dialettica hegeliana applicata al calcio. Proviamo a ripercorrerne le fasi.
TESI – Nel 2011 il gruppo di investitori guidato da James Pallotta acquista la Roma. Le strategie di sviluppo tecnico della squadra sono delegate alla figura sofisticata di Franco Baldini, nuovamente nella Capitale dopo la prima esperienza sotto la gestione di Franco Sensi. L’idea di base, il cosiddetto “progetto” da realizzare, punta alla scoperta e valorizzazione di giovani talenti che, nel tempo, possano costituire, a seconda dei casi, l’ossatura della squadra o asset da valorizzare tramite vendita sul mercato e ricavo di plusvalenze. Il tutto affidato alla guida di un giovane tecnico talentuoso e preparato, alla sua prima esperienza su una panchina importante: Luis Enrique, chiamato per attuare una proposta di gioco simile a quella del Barcellona, basata su possesso palla e improvvise verticalizzazioni. I risultati non sono dei migliori: un settimo posto in campionato, un’eliminazione ai preliminari di Europa League ma, soprattutto, un’identità di squadra involuta e una pressione ambientale che spinge il tecnico, cardine del progetto di Baldini, alle dimissioni irrevocabili. L’anno successivo, per il perseguimento degli stessi obiettivi, viene scelto Zdenek Zeman, capace di lavorare coi giovani ma, soprattutto, forte di un notevole ascendente verso la piazza per la contrapposizione dialettica e mediatica sviluppata contro la Juventus sul finire degli anni novanta. I risultati in campionato non migliorano: dopo mesi di andamento altalenante il boemo viene licenziato. Gli uomini a disposizione non hanno le caratteristiche tecniche per attuare i suoi schemi e i contrasti con diversi giocatori, tra i quali Daniele De Rossi, non danno modo alla squadra di raggiungere i risultati attesi. Il finale di stagione, gestito da Andreazzoli, culmina col la bruciante sconfitta nel derby di finale della Coppa Italia. La fase dialettica della tesi si esaurisce nel mese di maggio del 2013.
ANTITESI – Franco Baldini lascia la Roma. L’area tecnica diventa esclusivo appannaggio di Walter Sabatini che, scottato dall’andamento poco lusinghiero dei due anni precedenti, cambia completamente rotta, scegliendo molti giocatori già affermati da innestare nella rosa della squadra. La rinuncia ai giovani non è totale ma si punta con più decisione alla costruzione di un cosiddetto “instant team” che possa essere immediatamente competitivo per vincere il campionato. La parola “progetto”, termine chiave nei rapporti con la stampa nei primi due anni di proprietà americana, viene completamente abbandonato, alla stregua di una bestemmia tecnica. Si arriva alla negazione della tesi: l’antitesi. Si contrasta quello che è stato inizialmente affermato, si cerca una strada diversa e contraddittoria rispetto a quella inizialmente abbracciata. Arriva Rudi Garcia e il primo anno i risultati sono buoni: dieci vittorie consecutive nelle prime dieci giornate di campionato, una compagine che ha finalmente assunto una precisa identità di squadra, con reparti che si muovono in sintonia nel rispetto di un 4-3-3 che sfrutta la velocità degli esterni d’attacco e l’estro di un Totti ancora capace di giocate uniche. Il secondo posto finale, dietro a una Juventus stratosferica, è un piazzamento accolto con entusiasmo da una piazza che, per l’anno successivo, si aspetta di poter colmare il divario con i bianconeri. Nel 2014-15 la Roma raggiunge ancora la piazza d’onore ma mostra delle crepe di gioco che deflagrano nella stagione successiva, quando Garcia, all’inizio del girone di ritorno, viene esonerato dopo essere stato esautorato dalla proprietà. L’arrivo di Spalletti riporta entusiasmo, gioco e velleità. Il resto è storia di questi giorni, con il probabilissimo addio del tecnico toscano a fine anno e la necessità di ricominciare con Monchi nuovo direttore sportivo. La fase dell’antitesi si esaurisce qui.
SINTESI – La società giallorossa ricomincerà la nuova stagione con Ramón Rodríguez Verdejo, in arte Monchi, direttore sportivo proveniente da Siviglia dove è riuscito a lasciare un’impronta che, probabilmente, sarà quella della nuova Roma. Fatta di plusvalenze derivanti dal player trading (virtù necessaria in tempi di fair play finanziario e in attesa di uno stadio di proprietà) ma anche di affermazioni sul campo. A Siviglia Monchi è riuscito a contribuire alla vittoria di tre Europa League di fila: forse è questo che ha convinto Pallotta, e prima di lui Franco Baldini, a puntare sullo spagnolo per poter finalmente dare alla Roma dei risultati sportivi che ormai mancano dalla vittoria della Coppa Italia 2007-08. È questa la fase della sintesi finale, che porta con sé gli elementi della tesi (lo scouting di buoni giovani giocatori da utilizzare come perni della squadra o strumenti di guadagno economico) e dell’antitesi (la necessitò di raggiungere dei risultati sul campo immediati). Non sarà un’operazione facile: la piazza romana vive l’attesa di potersi riscoprire vincente con isteria, senza rendersi conto che i traguardi da raggiungere sono proibitivi. In Italia la Juventus è, e rimarrà ancora a lungo, più avanti per valori tecnici, struttura societaria ed esperienza internazionale. In Europa, se si mira, giustamente, a partecipare alla Champions League, è difficile pensare di poter andare lontano senza un’adeguata rosa di calciatori e una personalità di squadra ancora tutta da costruire. La fase della sintesi sta per cominciare: solo tra qualche anno capiremo l’impatto che avrà avuto sulla storia della Roma.