(U. Trani) Domani entrerà all’Olimpico da talent di Sky: come sarà la Roma-Juve inedita di Del Piero?
«Non è la prima volta che vivo un grande evento non per giocarlo, ma per raccontarlo. È molto appagante. Il calcio è stato ed è passione ed emozione, poterle trasmettere è bellissimo. Sono fortunato, ma un po’ di nostalgia per i momenti splendidi del passato c’è e ci sarà sempre».
Del Piero in tribuna e Totti in panchina: è davvero finita un’epoca?
«Le epoche nel calcio non finiscono mai: resta quanto fatto, sempre. Soprattutto se si sono scritte grandi storie».
La Juve arriva a Roma per vincere il 6° scudetto di fila e preparare il possibile Triplete. Si aspettava una crescita così evidente pure in Europa?
«Forse non nella finale raggiunta nel 2015, ma quest’anno sì. La Juve ha tutte le caratteristiche per essere una big de del calcio internazionale. Sono entrati giocatori forti e decisivi in un gruppo vincente e l’allenatore ha fatto il resto».
Quante chance ha la Juve per il tris?
«E’ difficile, molto. E non parlo solo della Champions, ma anche della Coppa Italia in un momento in cui ha ancora la finale di Cardiff da giocare. Ma le possibilità ci sono».
Andato via Conte, la Juve è arrivata per 2 volte in 3 anni in di Champions. Quanto ha pesato il lavoro di Allegri?
«Si tratta di squadre diverse e momenti diversi. Il gruppo storico è stato fondamentale per Antonio per vincere in Italia il primo scudetto della serie è venuto dopo due settimi posti, e io lo so bene e per Allegri, per arrivare fino in fondo in Europa. Max ha inciso tantissimo. Straordinario. Lo dicevo già l’anno scorso, figuriamoci ora. Ha cambiato per esaltare le qualità dei singoli, chiedendo qualcosa a tutti: il sacrificio, il pensiero rivolto al compagno, mettere la squadra davanti a tutto. È sempre stata la chiave dei successi della Juve e Allegri è il perfetto interprete del dna del club e della storia bianconera. E i giocatori hanno risposto».
All’Olimpico penserà subito alla sua Champions vinta qui contro l’Ajax ai rigori: con il mondiale è il successo più significativo della sua carriera?
«A tre città sono legati ricordi incancellabili, i più emozionanti: la Champions a Roma, l’Intercontinentale a Tokyo, il Mondiale a Berlino».
La Roma è da qualche anno la vera rivale della Juve. Ma non riesce a superarla. Come può colmare il gap?
«Non è quello che manca alla Roma, ma quello che ha in più la Juve. Il numero di punti fatto dai giallorossi è di tutto riguardo, in anni passati avrebbero vinto lo scudetto. Una differenza su tutte: la costruzione con continuità nel tempo. In questi sei anni la Juve si è rinnovata molto, mantenendo una linea. Le basi della Roma ci sono, servono un paio di colpi giusti per aggiungere qualcosa in più. Monchi farà un buon lavoro».
Vede qualche similitudine tra il suo finale di carriera e quello di Totti?
«Siamo molto diversi, ma abbiamo fatto percorsi molto simili: ecco perché siamo così vicini e da sempre il nostro rapporto è stato speciale. Lo stimo tantissimo e so che lui prova lo stesso per me. Non so paragonare la mia conclusione con la sua, di sicuro il vivere concentrato su un obiettivo come per me era lo scudetto nel 2012 è diverso dalla situazione di Francesco oggi con la Roma. Ma una cosa è certa e gli auguro davvero che sia uguale a quanto ho vissuto io: il saluto dello stadio. Si merita il meglio e il pubblico giallorosso saprà trasmettere tutto l’amore per la bandiera della Roma».
Come si vivono quei momenti?
«Sono passati sei anni e ancora oggi non lo saprei raccontare. Prima mi sono concentrato solo sul traguardo, vivevo giorno per giorno pensando a quel momento, a tornare a vincere, al termine di un percorso che è ricominciato da Rimini, dalla serie B. Poi quel giorno allo Stadium, quel saluto, beh davvero ancora non trovo le parole».
Dopo l’addio alla Juve, ha continuato a giocare, ma all’estero. Consiglierebbe un’esperienza simile al suo amico?
«Dipende da come si sente. La mia fu un’esperienza di vita, scelsi di andare per conoscere e non solo per giocare. Un suggerimento: partirei proprio da questo. Ma Francesco farà il meglio per sé».
Totti direttore tecnico della Roma. Che ne pensa?
«Di decidere con la sua testa. Ha tutte le qualità per fare bene in quel ruolo. O in altri. Ma solo lui sa che cosa sia meglio per il suo futuro».
Da fuori come valuta la difficile convivenza tra Spalletti e Totti?
«Sarebbe irrispettoso nei confronti di Francesco, e anche di Spalletti, dare un giudizio. La posizione più corretta è quella espressa proprio da Francesco in settimana, cioè mettere la Roma al centro in un momento cruciale dell’annata: c’è tantissimo in ballo, ed entrambi lo sanno bene».
Totti avrebbe dovuto lasciare prima?
«Sono l’ultimo che può parlare di lasciare la propria squadra, direi».
Se deve citare un episodio vissuto con Totti, quale non cancellerà mai?
«Ogni attimo vissuto insieme, soprattutto quelli fuori dal campo, a cominciare da quelli prima che tutti ci credessero, al Mondiale in Germania. Si creò tra tutti noi qualcosa di unico. Poi le prime volte in Nazionale, con tante risate. Con Francesco è facile ridere. C’è un video che è ancora un cult su Youtube che lo dimostra, mentre cercavamo di raccontare una delle sue barzellette davanti a una telecamera».
Si è mai arrabbiato con lui, magari per qualche polemica tra la Roma e la Juve o per qualche veleno arbitrale?
«La rivalità è una cosa, la stima e l’amicizia vanno oltre. Poi il fatto di essere compagni in nazionale ci ha sempre unito molto».
In Nazionale il dualismo tra voi, compreso il mondiale 2006, c’è stato sul serio?
«Fuori da noi, nelle opinioni degli altri, c’è stato. Tra di noi no. Anzi, entrambi abbiamo sempre voluto giocare insieme e di più. Questo è un po’ un rammarico».
Il suo weekend al Foro Italico comincerà oggi nello studio tv degli Internazionali: Chi è il suo idolo nel tennis?
«Federer su tutti e Nadal. Professionisti autentici. Che vedo spesso da vicino grazie al lavoro con Sky: sono un onnivoro di sport, e poterlo vivere così è un privilegio».