(A. Angeloni) «Se tornassi indietro non verrei ad allenare la Roma». Parole e musica di Luciano Spalletti, che non regge più la pressione, gli umori della piazza, le critiche, le domande, come dice lui, «sempre le stesse». Siamo al bivio: Spalletti o se ne va o resterà solo se non avrà più Totti tra i piedi, la situazione sembra chiara. Perché uno dei motivi – dopo la sonante vittoria con il Milan – di questo nervosismo è il capitano. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo di un’alzata dei toni così eclatante. Partiamo dal fatto: stadio Meazza, risultato 3-1 per la Roma, Spalletti non fa entrare Totti negli ultimi minuti, negandogli la passerella di San Siro, lo stadio nemico che negli anni lo ha apprezzato di più e in quella che poteva essere per lui l’ultima.
ATTACCHI E RANCORI Si chiede conto a Spalletti sul perché di quella scelta che i tifosi non hanno apprezzato. Le risposte sono tante, in un crescendo di toni. Risposta numero 1) «Basta mettersi d’accordo, si fa una cooperativa, delle votazioni e metto in campo chi vogliono gli altri. Non faccio la formazione in base alla storia dei calciatori, ma agli allenamenti, sono stato chiaro da primo giorno con la società. Ci vuole credibilità nello spogliatoio. Lui, poverino, vuole giocare, viene al campo ma io faccio le mie scelte e quando l’ho messo dentro, ad esempio, con il Villarreal all’Olimpico, non abbiamo toccato palla». Qui l’umiliazione. Stesso tema, altra risposta, la numero 2) «Non voglio dire che con Totti in campo avrei preso 3 gol, ma avrei avuto più corsa in questo modo. Mi dispiace, lo avessi saputo prima, lo avrei messo». Qui ci si scalda, risposta 3) «Quando lo metto negli ultimi cinque minuti dite che lo prendo per il culo. Mettiamoci d’accordo. Comunque sbaglio e prendo offese. Non voglio la gestione della storia di Totti, ma del calciatore. Veramente, non so come fare Deve essere d’accordo anche la mia società, che è lì che guarda». Guarda??? Infine, 4) «Se tornassi indietro non verrei mai ad allenare la Roma. Si parla sempre delle stesse cose invece di rendere merito ai calciatori per aver battuto il Milan, una partita fondamentale in un momento». E qui, con la 5, siamo ai vecchi trascorsi. «A Palermo, Totti non entra perché aveva mal di schiena e poi partono le telefonate a Chivu e Bergomi. C’è qualcosa che non torna nel racconto che si è fatto. Il discorso è che noi lottiamo per andare in Champions da secondi, siamo una squadra con buone qualità e che può fare buone partite. Se resto a Roma? Ci voglio pensare ancora due giorni».
L’ELOGIO Spalletti pensa più alla squadra, alle sei vittorie consecutive in trasferta. Alla Champions. Elogi e qualche autocritica. Minima. «A volte non abbiamo giocato sempre da squadra e me ne prendo la responsabilità. Abbiamo perso partite fondamentali che ci fanno male, ho una squadra di ragazzi seri, se non lo fossero non avrebbero reagito così. Quando alleni una squadra forte devi dire le cose in faccia sennò ti sgamano se non hai reazione. Si lavora dalla mattina alla sera. Il rischio di andare in depressione c’è. Con il Milan non c’era da girarci intorno, c’era da vincere perché il Napoli è in forma. Stavolta abbiamo fatto un ragionamento inverso visti i contropiedi presi e lo spazio concesso tra i reparti. E abbiamo recuperato molti palloni, potevamo fare subito il 3-0. Purtroppo siamo un po’ spreconi e non riusciamo ad essere continui. Senza il gol di El Shaarawy sarebbe diventata una partita difficile».