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Il Messaggero Quella contesa per il ponte che scatena la guerra ultrà

(C. Romano) Dal campo alla bacheca con sfondo il Colosseo. È qui, sul ponte pedonale di via degli Annibaldi, che si gioca ben altro derby tra le tifoserie di Roma e Lazio. Da un paio d’anni megafono per gli striscioni dei tifosi giallorossi (quelli in particolare del gruppo Roma vicino a Casapound), i laziali sono andati alla sua conquista nel tentativo di espugnarlo e lasciare altri messaggi, come quello inquietante dell’altra notte con i manichini impiccati alla ringhiera. Ma nelle mani degli investigatori sarebbe finito anche un secondo striscione trovato sul posto tra giovedì e venerdì notte, ma non appeso, con sopra scritto «A fianco dei prigionieri palestinesi in lotta». Un messaggio politico e non sportivo, probabilmente riconducibile a Forza Nuova, che indicherebbe un filo nero dietro alle tifoserie.
Dove marcare meglio il territorio se non davanti al monumento simbolo della Città Eterna? Non a caso alla vigilia della stracittadina del 30 aprile, sempre di notte, appare la scritta «Dal 1900… è la nostra città». L’incursione ha avuto successo e il giorno dopo, sugli spalti della Curva Nord, appare un altro chiaro messaggio: «Romanista marameo, hai sbagliato Colosseo. Per attaccare uno striscione l’hai dovuto fare all’Eur!». Tradotto: il ponte lo abbiamo conquistato noi e voi avete dovuto battere in ritirata al Colosseo quadrato, il Palazzo della Civiltà Italiana, all’Eur, in periferia.

LE INFORMATIVE Informative della Digos raccontano di uno scontro tra frange delle tifoserie sventato per un soffio, sempre all’ombra del Colosseo, dall’intervento dei poliziotti in borghese la notte prima della gara d’andata di Coppa Italia del primo marzo. I laziali, una settantina, erano appena arrivati per appendere uno striscione, mentre i giallorossi stavano arrivando da Colle Oppio e sono stati fermati. Un episodio, però, che ha lasciato aperti parecchi interrogativi: si erano dati un appuntamento? Interrogativi che forse, anche l’inchiesta della Procura sul raid dell’altra notte («Un consiglio senza offesa… dormite con la luce accesa», lo striscione che accompagnava i manichini-bambole gonfiabili) potrà contribuire a sciogliere.

I MESSAGGI Tra il 2015 e oggi sono numerose le missive srotolate dai giallorossi sulla balaustra diventata di volta in volta palcoscenico silenzioso ma eloquente per contestazioni o esortazioni alla squadra. Stilettate non sono state risparmiate né alle forze dell’ordine (vedi questione barriere) né alla stampa. Dalla balaustra si detta la linea. Durante lo «sciopero» delle Curve, gli ultras scrivono «08-05-16 Chi entra è complice». Il 3 marzo dello stesso anno avevano postato: «Sei vittorie non ci fanno cambiare, Spalletti pensa ad allenare». Salvo poi un anno dopo cambiare idea «Rispetto per mr Spalletti». Col ministro dello Sport si sono congratulati per la rimozione dei divisori nelle Curve affacciandosi ancora una volta dal balcone pedonale: «L. Lotti Roma giallorossa ti ringrazia».

IL DUCE Lo striscione dell’8 maggio 2016, però, porta una firma precisa. Quella del gruppo Roma che occupa la parte bassa della Sud e in cui sono confluite le frange più estreme dei Padroni di casa, vicine a Casapound. Sono loro che stanno prendendo il comando della Curva e che domenica sono venuti alle mani con il gruppo storico dei Fedayn colpevole di avere intonato cori nonostante il veto imposto. Un filo nero sembra unire e dividere, a seconda delle occasioni e argomenti, le tifoserie capitoline. E sempre sul ponte nell’anniversario dei 72 anni della morte di Benito Mussolini compare la scritta «28/94 viva il Duce». Firmato, questa volta, Forza Nuova da sempre più contigua alla Nord. La risposta stavolta arriverà dal quartiere resistente di San Lorenzo, per opera degli attivisti dell’Achtung banditen fest, che trasformano il Duce in una figura dei tarocchi, l’appeso, ritratta nel tunnel di Santa Bibiana a pochi passi da piazzale Tiburtino.
Insomma frange del tifo, sia biancoceleste, che giallorosso, viaggerebbero parallele ad ambienti della destra estrema che mira sì alla conquista del territorio ma soprattutto alla cooptazione di giovani e giovanissimi da trascinare dall’agone sportivo a quello politico. Lo confermano indagini sottotraccia sulla recente apertura di una nuova enclave degli Irriducibili nel quartiere Appio Latino (Roma Est) in quella che era la storica sede di Forza Nuova in via Amulio. Come se sia nata l’esigenza per i laziali di uscire dalla tana di piazza Vescovio, nella roccaforte di Roma Nord, per occupare un’altra parte importante della città, appetibile perché popolosa, piena di giovani e studenti. L’obiettivo? Radicalizzare fede calcistica e credo politico.

L’INCUBO Ieri, intanto, sullo striscione con i manichini appesi, secondo indiscrezioni, ci sarebbe stato un chiarimento telefonico tra le tifoserie. Le immagini del blitz, infatti, hanno cominciato a rimbalzare sul web creando non poca confusione a chi non è avvezzo di stadio e Curve. C’è chi ha pensato a una minaccia giallorossa ai propri calciatori dopo la sonora sconfitta al derby di domenica. Quindi ecco la rivendicazione nel pomeriggio con tanto di nota degli Irriducibili, che sul ponte avevano comunque attaccato i loro adesivi come firma e avevano postato quasi in diretta le foto del raid. Spiegano: «Era una metafora della depressione dei romanisti e la luce accesa era per non avere più incubi, perché la Lazio è il loro incubo».

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