(D.Falcini) – “Ho visto le sue magliette in Africa e in Groenlandia: Francesco Totti è Roma ed è il calcio”. Marco Giallini risponde al telefono mentre ramazza il terrazzo dalle foglie e il suo bulldog inglese cerca in ogni modo di rovinare l’opera. Cinquantaquattro anni, l’attore è romanista da altrettanti. La maggior parte dei suoi colleghi, interpellati, svicola. Chi si dice impegnato, chi non vuole mettersi in mezzo, chi ha finito gli insulti e non saprebbe cosa dire. Con Giallini è diverso: appena attacca a parlare, si capisce che la chiacchierata non è destinata a interrompersi presto.
“Da ragazzino non so quante ne ho dette a Maradona. Ma quando un fuoriclasse è al passo d’addio i fischi si trasformano in applausi: vale per chiunque abbia un po’di testa e di cuore. San Siro voleva concedere un tributo a un grande avversario, mi pare una cosa bella. Quanto accaduto domenica sera a Milano è una questione personale tra Totti e Spalletti”. All’83esimo minuto, con la Roma in vantaggio 3 a 1 sul Milan, l’allenatore ha negato l’ingresso al capitano, omaggiato dai sostenitori rossoneri con uno striscione. L’affronto ha monopolizzato il dibattito pubblico della capitale nelle ultime 24 ore. I romanisti si dividono: quelli che amano Totti e non sopportano Spalletti e quelli che amano Totti e stima(va)no Spalletti. Giallini appartiene a questi ultimi. “È un grande allenatore, ma qui ci sono in ballo dei sentimenti. Tra i due, la Roma sarà per sempre la squadra di Francesco. Per gestire una persona con quella classe e quel carattere devi entrare in empatia con lui,Spalletti avrebbe dovuto alleggerirsi un po’invece di andare sempre in tv a fare il coatto”. Il tifo giallorosso è logorato. La Roma concluderà un altro campionato da vertigini: Napoli(e Juve, ospite domenica al l’Olimpico) permettendo, sarà il nono secondo posto degli ultimi 16 anni. Eppure per molti questa andrà in archivio come una stagione da buttare. La sconfitta con il Lione in Europa League e il ko contro la Lazio in Coppa Italia hanno cambiato segno a un’annata che da altre parti se la sognano. A marzo Spalletti era stato chiaro: “Se non vinco me ne vado”. Tutti quanti si domandarono se si trattasse di una sferzata d’orgoglio oppure di una exit strategy. Non è più importante saperlo, perché il tecnico toscano è andato oltre. “Se tornassi indietro non allenerei di nuovo i giallorossi” ha detto domani sera, al culmine dell’ennesimo show a favore di telecamere. “Spalletti ha compiuto il primo atto da allenatore dell’Inter: ha dato un dispiacere ai tifosi del Milan e a quelli della Roma” è stato uno dei commenti pronunciati ieri a Rete Sport. Sulle radio romane è stato un pomeriggio di flusso ininterrotto. Contro il capitano, e ci mancherebbe, non una sola voce.
Non stupirebbe se, al termine di una stagione di vittorie che diventano sconfitte e psicodrammi a catena, la soluzione più fantasiosa divenisse reale. “Qualche tempo fainvitai Totti a chiudere la carriera nella mia Latina, ma ora siamo retrocessi in Lega Pro”conclude Antonio Pennacchi. “I miei antenati vengono da Ferrara e allora rilancio: come Scipione l’Africano, abbandoni Roma e vada alla Spal. L’ingrata Patria non merita i suoi ultimi gol. E vediamo dove andrà a vincere Spalletti”.
fonte: Il Fatto Quotidiano