Corsi e ricorsi storici, anche i tifosi della Roma nel 1990 fecero trovare un manichino con la maglia di Paolo Di Canio (reduce dalla famosa esultanza sotto la curva Sud) al Quarticciolo, periferia di Roma dove è nato e cresciuto l’ex attaccante. I precedenti non mancano, a volte gli sfottò tra laziali e romanisti diventano pesanti e di cattivo gusto, a tratti anche gravi e da condannare. Negli ultimi anni sono apparse diverse scritte sui muri della Capitale contro Vincenzo Paparelli, tifoso biancoceleste ucciso sugli spalti dell‘Olimpico, durante un derby, da un razzo lanciato dalla curva Sud. Frasi vergognose che hanno scatenatola rabbia del figlio Gabriele, che si è fatto sentire ieri pomeriggio su Facebook dopo le polemiche nate per le bambole gonfiabili appese al ponte di via degli Annibaldi: «Per me si chiama sano sfottò, mi sembra che tutta questa indignazione in altri casi non c’è stata!!! O i morti si possono insultare, eh giornalista? Eh romanista?».
Tutto questo ovviamente non è paragonabile con la goliardia capitolina, magari a volte fuori luogo e di cattivo gusto, ma mai pesante e offensiva come le scritte apparse in città contro i defunti. Un altro capitolo può riguardare invece il funerale giallorosso celebrato a Trigoria dai tifosi biancocelesti subito dopo l’ultimo derby vinto: a terra, davanti al centro sportivo, si sono intraviste macabre scritte «Rip», una bara con il logo e davanti ai cancelli dei lumicini. Da registrare invece il coro antisemita che partì dalla Nord qualche anno fa durante la gara tra Lazio e Udinese: «AS Roma Juden Club». Così come lo striscione razzista affisso nel 2001: «Squadra di negri e curva di ebrei». Episodi accaduti negli anni anche in Sud: «Lazio e Livorno stesse iniziali, stesso forno», recitava uno striscione razzista. E ancora: «Tanta merda e stracci appesi…curva Nord come un campo rom», sempre la curva giallorossa di fine anni ’90. Oppure: «Froci dal 1900». Mentre a Trigoria fu scritto: «Anna Frank tifa Lazio».