(A. Serafini) Un legame di sangue, di quelli che nascono senza preavviso e che difficilmente riusciranno ad interrompersi nel tempo. Anche di fronte all’ imprevedibilità che si presenta in ogni percorso di vita. Quella calcistica di Francesco Totti verrà raccontata e tramandata attraverso le generazioni, tralasciando magari un mondo nascosto che lo ha accompagnato e sostenuto in quello che è stato senza dubbio il capitolo più bello della storia romanista. Basterebbe chiedere a Vito Scala, l’ uomo che più di chiunque altro ha contribuito a proteggere e alimentare lalongevità della leggenda. Le strade si sono sono incrociate nel 1996, quando un giovane preparatore atletico con una grande passione per il calcio terminava la la gavetta nelle giovanili della Roma, conquistandosi l’ occasione di poter lavorare agli ordini della prima squadra, in quel momento falcidiata dal corso Carlos Bianchi e pronta ad essere affidata alla coppia Sella-Liedholm.
Il talento di Totti è già esploso, ma le difficoltà registrate nei rapporti con il tecnico argentino insinuano più di un dubbio nelle intenzioni del ragazzo di Porta Metronia, zona San Giovanni, proprio come Vito. Poi le paure di un possibile addio dalla capitale si allontanano, lasciano al destino gli incroci di un’ amicizia coltivata e scoperta ogni giorno sul campo. Arrivano insieme nel settore giovanile nel 1989, dieci anni dopo Scala diventa preparatore atletico personale di Francesco, seguendone passo passo ogni piccolo infortunio o problematica fisica che possa mettere a repentaglio le tappe calcistiche di un predestinato. La popolarità cresce, Totti mostra il proprio talento al mondo durante l’Europeo olandese nel 2000, ma continua ad affidarsi agli amici di sempre, un cerchio ristretto di persone (tra cui lo storico fisioterapista Silio Musa) che lo segue lontano dalle luci dei riflettori. Scala lo accompagna negli anni più belli della nazionale, culminati nello storica conquista della Coppa del Mondo in Germania nel 2006. Ma l’ amicizia, come spesso accade, si vede sempre nei momenti del bisogno. Lo sputo rifilato a Poulsen in diretta mondiale mostrò un’immagine che senza dubbi non apparteneva a Totti, a quei tempi ferocemente criticato dalla stampa italiana extra Raccordo Anulare, pronta a puntare il dito su ogni minima sfaccettatura dell’emblema della romanità.
Un complesso sistema mediatico che il suo fedele compagno ha contribuito a smussare nel corso degli anni, quando la crescita esponenziale del numero 10 aveva ormai praticamente raggiunto ogni angolo del globo. «Vito per me è un fratello, uno che mi ha dato i consigli giusti, sempre, anche quando ho sbagliato». Parole di qualche anno fa di Totti, certificate dall’immensa mole di lavoro che il suo amico è stato costretto ad affrontare nella gestione del capitano fuori dal campo, un sistema in cui squali e avvoltoi hanno sempre provato ad inserirsi, mostrando una maschera che non sempre Francesco è stato in grado di riconoscere. Motivo che ha convinto Scala ad allargare gli orizzonti sul percorso di Totti, amministrandone ogni sfaccettatura della sua carriera. Dai contratti di sponsorizzazione alle interviste con i media, dall’organizzazione di eventi di beneficenza alla lotta contro chi mostrava una finta amicizia soltanto per guadagnare un tornaconto mediatico e/o economico. Tranelli che Francesco è riuscito a schivare, nonostante una folla sempre crescente di individui pronti a sfruttarne il «difetto» della generosità. Vito Scala quindi è stato molto di più, un’ arma di protezione che non ha mai cercato consensi a favore di telecamera, uno di quelli che non ha mai fatto una corsa per infilarsi in una foto destinata a finire in prima pagina o nell’ingarbugliato intreccio pubblicitario del web. Anche i litigi e le incomprensioni andate in scena tra i due andrebbero probabilmente derubricati all’interno di un rapporto, che forse si è consolidato proprio nei momenti in cui pensieri ed opinioni si muovevano su binari opposti.
Si dice che gli amici più cari sono quelli con cui ti sei scontrato più duramente, ma che alla fine capiscono l’errore e trovano sempre una scusa per ritornare. La spinta di Totti data in diretta tv a Scala dopo l’espulsione a Livorno racchiude probabilmente tutto questo, tra la rabbia di chi non riesce a controllare il momento e la consapevolezza immediata del pentimento. Storie di vita normale, che forse hanno reso ancora più umana la figura del Totti calciatore. Merito anche di Vito, tre figli, 53 anni appena compiuti, di cui venticinque passati a Trigoria: «La considero come una casa – racconta in uno stralcio dell’intervista che compare sul sito ufficiale del club – questa, oltre a essere una professione, per me è una passione. Mi dà enorme soddisfazione prevenire tutti gli imprevisti che possono esserci ogni giorno in questo ambiente. Se si riesce a facilitare i ragazzi e a farli sentire come a casa nel loro posto di lavoro, diventa tutto molto più semplice». Chiedete a Francesco.