(M. Favale) Finirà in tribunale, la nuova delibera di interesse pubblico sullo stadio giallorosso che l’assemblea capitolina, al netto del malpancismo interno ai Cinquestelle, dovrebbe varare la prossima settimana. Le opposizioni sono sul piede di guerra. E promettono battaglia: in Aula, ma anche fuori. Una valanga di ricorsi stanno per partire all’indirizzo del Tar e del prefetto. Mentre alla Corte dei Conti potrebbe finire un esposto per danno erariale. Se infatti il Pd ha già annunciato che così com’è lo schema approvato in giunta «è invotabile» perché «scritto coi piedi», fatto «in fretta e furia dopo 8 mesi di perdite di tempo», con «un taglio di 115 milioni delle opere pubbliche che rappresenta un vero e proprio regalo ai proponenti», prefigurando «il rischio di danno erariale», Fratelli d’Italia ha messo al lavoro un gruppo di tecnici per approfondire «lo spericolato iter procedurale seguito dai grillini». Spiega il capogruppo Fabrizio Ghera: «La verità è che hanno fatto un pasticcio. Non solo hanno tagliato le opere a servizio della collettività, mettendo a rischio l’interesse pubblico, ma non hanno neppure seguito le procedure previste dalla legge: la 147/2013, peraltro richiamata in delibera, stabilisce che prima dell’approvazione in giunta quello che a tutti gli effetti è un nuovo progetto deve essere sottoposto al vaglio di una conferenza preliminare. Ebbene per fretta e incompetenza questo passaggio è stato saltato a piè pari. Risultato? Tra caos e incapacità, i 5S confermano di essere dei dilettanti allo sbaraglio». Ecco perché adesso «stiamo valutando di fare ricorso al Tar e al Prefetto», conclude Ghera. «Ancora una volta i grillini si rivelano inadatti ad amministrare Roma».
Troppi «i dubbi e le criticità» che, a parere delle opposizioni, rendono indigesta l’intera operazione. Non solo per il mancato rispetto delle procedure. C’è anche l’enorme divario tra i 195 milioni di opere pubbliche (imposti dalla passata giunta a carico dei privati in cambio delle cubature concesse) e i circa 80 previsti oggi dalla giunta Raggi: il 60% in meno rispetto a un taglio delle edificazioni che invece si aggira tra il 40 e il 50%.
Ancora: i 40 milioni del contributo per il costo di costruzione non finiranno, come previsto in precedenza, nelle casse comunali per poi essere destinati in investimenti diffusi su tutto il territorio romano, ma serviranno — per stessa ammissione dell’assessora alla Mobilità Meleo — ad acquistare i treni che dovranno potenziare le corse della Roma-Lido, prima invece pagati dai proponenti. Inoltre, il ponte sul Tevere — rimasto disegnato sulla carta — non è finanziato da nessuno, né dalla società Eurnova né dal Campidoglio: dovrà essere realizzato, ma è probabile che alla fine venga coperto con fondi pubblici, creando nuovo debito per l’erario comunale e un costo per i romani.
Da qui «il regalo ai proponenti » denunciato dal Pd. E il probabile ricorso alla Corte dei Conti. A riprova che la battaglia sullo stadio non è ancora finita.