Il responsabile delle squadre giovanili della Roma Massimo Tarantino è stato intervistato da Reporter Nuovo.
Sulla formazione dei giovani.
“Il nostro primo obiettivo è quella di formare giovani, è un obiettivo a media lunga distanza. Il giocatore per noi è il valore più assoluto, come tale va accompagnato. Poi è anche vero che dobbiamo dare uno spessore anche alle attività, ai campionati. È difficile abbinare le due cose, ma l’esperienza della Roma ci ha fatto trovare quell’equilibrio giusto che non ci fa perdere l’obiettivo più importante, il valore individuale dell’atleta”.
Su Monchi.
“È appena arrivato, è stato travolto dalla Roma. È stato un impatto molto positivo, la sua storia parla da sola, avremo solo il piacere di conoscerlo e di abbinare le nostre esperienze. Tiene molto al settore giovanile, l’ha costruito, nella sua lunga permanenza al Siviglia ha dovuto partecipare alla costruzione della cantera. Come dice lui, qui partiamo da un livello molto alto e quindi si può dedicare ad altro”.
Sui giocatori in prestito.
“Intanto tutti i giocatori che la Roma ha fuori e che ha tenuto sotto contratto sono potenziali giocatori a cui la Roma dà possibilità. È chiaro che fare il giocatore della Roma non è semplice. diventare un romanista significa essere un top-player. Abbiamo due livelli di professionisti, quello che non sappiamo a quale livello lo fa e poi il giocatore della Roma, che è un top-player. Non tutti avranno queste potenzialità, qualcuno ci sta lavorando. Pellegrini potenzialmente ha dimostrato di avere le capacità per diventare un top-player, non è ancora pronto e altri non ce la faranno. Hanno un valore importante per noi”.
Come si valuta un settore giovanile?
“Fondamentalmente si valuta non per quello che vince, ma per quello che produce. Quello che vince è il risultato del lavoro che riesce a fare, dà un senso al lavoro quotidiano che facciamo, ma non è quello che sposta gli equilibri. La Roma produce e questo è l’aspetto più importante che ci qualifica, il fatto di avere tanti giocatori fuori e aver trovato una linea di lavoro che ci aiuta a produrne. Vincere dà un senso al lavoro, allo staff, alla società, ai ragazzi stessi. Ma non è quello che vinciamo, se non abbiamo prodotto nulla ci direte che su non arriva niente. Il risultato è parziale. Se non vinciamo scudetti e produrremo giocatori come Romagnoli o Florenzi sarà una vera vittoria, nessuno ci rimprovererà di non aver vinto scudetti perché hai vinto qualcosa di più grande”.
Totti, De Rossi e Florenzi sono punti di riferimento?
“Sono importanti, perché sono dei riferimenti, dei parametri che ragazzi possono avere. Sapere che chi inizia un percorso lo può finire dà un vantaggio su chi deve iniziare un percorso di lunga formazione. Sapere che c’è una strada per arrivare al successo ottimizza su tutto il lavoro. Ci danno la forza di poter far credere a un progetto che ha una visione. Quando un bambino inizia ha solo 10 anni, fargli capire che un giorno può essere un giocatore di prima squadra significa fargli capire una visione di 10 anni di tempo. L’obiettivo è quello di tenere viva la possibilità di sapere che c’è questa opportunità reale perché chi li ha preceduti ce l’ha fatta. È importante dare questo segnale, anche per attrarre ragazzi. Sapere che c’è questo sbocco vuol dire sapere che c’è qualche talento che ci preferisce rispetto ad altri club”.