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Roma, quante rivoluzioni in difesa

Rivoluzione sì, rivoluzione no. In casa Roma è spesso valida la prima opzione. Questione di strategia, di trading, termine ormai sulla bocca di tutti. Fa parte del vocabolario di un calcio moderno che piace sempre meno ai tifosi, costretti a convivere con uno stato d’ansia perenne. Quasi di paura. Perché l’ipotesi di perdere un pezzo grosso è sempre dietro l’angolo. Soprattutto in difesa. Un tempo ci si poteva affezionare liberamente a un calciatore forte, con la concreta possibilità di vederlo a lungo in maglia giallorossa. Pensiamo soltanto ad Aldair, a Candela, a Cafu, a Zago, a Mexes, a Panucci. Tutti difensori fortissimi, che a Trigoria hanno vissuto anni di gloria, cicli importanti. Lasciando un segno indelebile.

Oggi? E’ tutto diverso. Là dietro regna il viavai. Dal 2011, anno di subentro ai vertici societari del consorzio americano, la struttura difensiva della Roma è cambiata di continuo. Mai si è costruito un reparto solido, ma si è dato il tempo ad un blocco di calciatori di giocare insieme per più di un anno, consolidando conoscenze, intese, movimenti. Come invece ha fatto la Juventus, che da sei stagioni vanta la stessa ossatura (Buffon, Barzagli, Chiellini, Bonucci, Lichtsteiner). Non a caso, sei scudetti di fila con la costante della miglior difesa del torneo. In tutti i campionati vinti. Perché in Italia si trionfa in primis non prendendo gol.

Ma torniamo alla Roma. Primo anno, prima rivoluzione: via Mexes a zero, oltre a Riise. Dentro tre titolari nuovi: Kjaer, Heinze e José Angel. Con il problema oggettivo del calo per motivi anagrafici di Cassetti e Juan e del grave infortunio patito da Burdisso. Quartetto base (completato da Rosi) ballerino, inaffidabile, inconcludente. Estate del 2012, nuovo stravolgimento: via in sette, dentro sei acquisti. E reparto rimodellato: Piris e Balzaretti esterni bassi, MarquinhosCastan centrali. Buoni risultati a livello individuale, nonostante un’annata tragicomica. Effetti? Estate 2013: Marquinhos ceduto al PSG per quasi 32 milioni, l’impresentabile Piris rispedito in Sudamerica, Castan e Balzaretti confermati nell’undici titolare, affiancati da Maicon e Benatia. Due quarti della difesa identici rispetto alla stagione precedente. Quasi un record, visto l’andazzo e le abitudini.

La Roma fa 85 punti, con Garcia vola, ma è costretta (…) a vendere di nuovo: Benatia vola al Bayern Monaco, dentro il greco Kostas Manolas. E qui subentra anche il fattore sfortuna: Maicon si ritrova un ginocchio a pezzi, Castan resta vittima del cavernoma, Balzaretti della pubalgia che lo obbligherà a smettere di giocare. Sabatini compra addirittura cinque difensori nell’estate 2014, più un sesto nel gennaio 2015, di fatto rivoluzionando (stavolta per questioni di forza maggiore) il reparto. Dentro, oltre a Manolas, l’altro greco Holebas, Cole, Astori, Yanga-Mbiwa, Spolli. Molti di questi tenuti un solo anno e poi abbandonati per far spazio, nell’estate 2015, ad altri volti nuovi: Rudiger, Digne, Gyomber, Emerson.

Anche dodici mesi fa, stessa evoluzione degli eventi. L’ossatura difensiva non trova stabilità. Tanti giocatori partono, altri arrivano. Tocca a Bruno Peres, Juan Jesus, Vermaelen, Seck, Fazio e Mario Rui. Spalletti lavora sui quattro ma soprattutto sul modulo a tre, che dà ottimi frutti. Grandi risultati. La Roma per molte settimane non prende gol, si avvicina allo strepitoso rendimento difensivo della Juventus. Ma a fine stagione, stravolge di nuovo. Si torna ai quattro con Di Francesco, va via Rudiger (a un passo dal Chelsea), Manolas resta in sospeso così come Mario Rui, destinato a partire in direzione Napoli. Probabilmente, ci ritroveremo ad agosto con un quartetto per l’ennesima volta rivoluzionato, con tre volti nuovi (Karsdorp, Moreno e il nuovo terzino sinistro che coprirà l’assenza del convalescente Emerson). Strategia ormai chiara. Fare trading soprattutto con i difensori, considerati evidentemente elementi più sostituibili rispetto a centrocampisti e attaccanti. Ma di strategia chirurgica trattasi. Negarlo è un goffo tentativo di storpiare la realtà.
Alessio Nardo

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