(E. Menghi) Un ritorno al futuro e uno al passato. La prima all’Olimpico è «un’emozione unica» per Di Francesco, che questo stadio l’ha vissuto prima da calciatore, poi da dirigente, e stasera ci si riaffaccia da proprietario della panchina. Il predecessore Spalletti torna in «un posto che non mi lascia indifferente», da cui però ha deciso di andar via due volte. L’ultima con Totti sul groppone: «Se incontro Francesco lo abbraccio, tra me e lui non ci sono conti in sospeso, perlomeno da parte mia. Sarà un piacere ritrovarlo», giura il toscano. Ma Roma-Inter non gli riserverà tante coccole, il pubblico che l’ha fischiato tre mesi fa è pronto a rincarare la dose: «Possono accogliermi come vogliono, io ci vado con tutto l’entusiasmo possibile». Il pescarese all’esordio da allenatore conosce i dubbi di chi ha intorno, ma dovrebbe vincere facile all’applausometro, sperando di fare il bis in campo: «Chi conta qua non è Di Francesco ma la Roma, perciò sono convinto che il tifoso inciterà la squadra anche nei momenti di difficoltà che mi auguro non ci siano. Questa piazza è particolare, ma sono sereno da quel punto di vista e non devo chiedere pazienza a nessuno». Tempo sì, perché ce n’è bisogno per assorbire le sue idee e trasformarle in prestazioni convincenti: «È come a scuola: bisogna ripetere le cose. Non posso chiudere in una cella i miei giocatori obbligandoli a fare quello che voglio io, la qualità sta nel saper scegliere tra le 5 cose che chiedo. A oggi condizione e apprendimento non sono proprio latenti ma ci vuole tempo per migliorare. Con i calciatori affermati qualche problema in più ci può essere, ma credono in quello che propongo, ed è importante». La base su cui costruire. Per molti abbandonare il calcio di Spalletti e ripartire da zero è stato faticoso, la stima verso il tecnico era tanto grande da far dire al De Rossi non ancora titolare della fascia che «difficilmente chi arriverà farà meglio di lui e farà 87 punti», Di Francesco ha raccolto la sfida e pur volendo evitare scomodi paragoni un obiettivo ce l’ha: «Il campionato quest’anno si è livellato in partenza e quelli lì sarebbero punti da scudetto, quindi potrei anche firmare per fare come lui. Ma il desiderio è di fare meglio, magari ottenendo qualcosa di importante».
Anche a Spalletti viene offerta una simbolica penna per ripetere i risultati fatti in giallorosso ora che è a Milano, ma la rifiuta: «Non voglio mettere paletti. Ho a disposizione le mie stelle». Perisic e Icardi hanno già ripreso a brillare, altri sono più «impolverati». La sensazione è che sarà un match alla pari: «Mi sono piaciuti contro la Fiorentina, ma questa sarà tutta un’altra partita», puntualizza Di Francesco, mentre il collega scarica le pressioni tenendo a mente la vecchia classifica: «Dobbiamo trovare soluzioni per competere con squadre forti come la Roma. Il nostro campionato verrà misurato da queste partite qui. Dobbiamo farci trovare pronti a questi appuntamenti. Se non andiamo a giocare da squadra forte verremo travolti, è bene subito sapere cosa ci aspetta». Al momento sono pari, tre punti a testa dopo la prima giornata, se si va a riprendere la lista dei precedenti tra i due allenatori non c’ è storia: Spalletti ne ha vinti tre su tre. «È un esempio dal punto di vista calcistico e siamo in ottimi rapporti perché abbiamo lavorato tanto insieme», lo elogia Di Francesco, che non pensa al duello di mercato per Schick («ho una rosa forte, sarei felice se venisse migliorata, ma nella mia testa c’è solo l’Inter e il desiderio di vincere»), ma piuttosto ai crucci di formazione legati al ruolo scoperto di terzino destro: «Non posso modificare totalmente la squadra in 5 giorni, se dovessi cambiare tanto avrei difficoltà. Dobbiamo dare tutto, spero ci sia gioia nel finale: la prima è la prima». E chi ben comincia…