Cesar Gomez, ex giocatore della prima Roma di Zeman, ha rilasciato una lunga intervista in cui ha parlato del suo passato in giallorosso, di Francesco Totti e sui tifosi romanisti. Queste le sue parole:
Su Totti…
“È stato un onore condividere lo spogliatoio con lui. Leadership, grandezza, fedeltà a una sola maglia… tutto per essere il Re di Roma. Totti ha imparato a gestire la sua carriera. Milano e Juventus vennero per lui e, nonostante lo strapotere che avevano al tempo, lui mi disse: «Se andrò via lo farò solo per il Real Madrid», su questo era molto chiaro. Ho condiviso la stanza con Abel Balbo, Totti invece in un primo momento era con Ivan Helguera. Lui era l’eterna promessa, era nella prima squadra da quando aveva 15 anni. Sapeva ridere di se stesso come con il libro di barzellette che ha scritto per devolvere l’incasso a Unicef. Totti ha imparato molto da Zeman perché con una palla sappiamo giocare tutti, ma giocare a calcio è qualcosa di diverso”.
Sui romanisti…
“Bisogna capire l’Italia e gli italiani per lavorarci. I media pensavano fossi da buttare ma i cittadini romani mi hanno trattato bene anche se stavo facendo male. Il rapporto con i dipendenti era superlativo. Ho molti buoni amici lì e sono ancora un romanista”.
Su Sensi…
“L’unico con cui discussi fu il presidente Sensi. Mi disse di andare via, mi volevano in Cina o alla Reggiana … ma io dissi che volevo solo la Spagna. C’era il Valencia ma non si fece nulla. Il club era suo, era il suo giocattolo e ha fatto quello che voleva. La stampa era molto dura, ma non avrei dovuto abbandonare la mia carriera, non ero andato a Roma per finire in un club di seconda divisione”.
Sull’addio alla Roma…
“Quando arrivò Fabio Capello pensò di avere delle opzioni perché era andato a vedere la formazione di Maturana al Valladolid. Ci parlai e pensai di avere delle possibilità, ma alla terza formazione, quando il presidente seppe che mi stava allenando, mi tolse e tutto cambiò. Ho avuto uno scontro legale per i diritti di immagine ma anche perché sostenevano che non ero allenato. Venne formata una commissione per analizzare il mio caso e Capello, a cui non avevo fatto nulla, disse che non mi allenavo mettendo a rischio anche i miei compagni di squadra. Ho seguito l’uomo che lo pagava e rimasi sorpreso dal suo atteggiamento. I miei compagni mi salvarono e si misero al mio fianco. Il capitano era Tommasi e affermò che era falso. Giocai qualche partita con i giovani, allenandomi mattina e pomeriggio. Il quarto anno ho avuto difficoltà di forma e mi sono ricordato di Maturana che mi disse di fermarmi nel momento in cui non fossi stato più in forma. Successe questo e quindi ho lasciato”.
Fonte: revistalibero.com