(A. Angeloni) Peppe Giannini non è più il tecnico del Racing Fondi, ma questo è ormai noto. Non lo è non (solo) perché ha rimediato un punto in quattro partite, ma – come ha comunicato il club – perché Peppe avrebbe adottato «metodi di lavoro che non si sono rivelati in grado di valorizzare il capitale umano messo adisposizione», fino alla «sfiducia nei confronti dell’allenatore e soprattutto una delusione dall’uomo».
Parole forti, no?
«Hanno sparlato della persona, non mi piace. Ci sono i presupposti per adire le vie legali. Vediamo. Io so a cosa si riferiscono, ma lasciamo stare».
Stato d’animo?
«Sono dispiaciuto. Non sono riuscito a mettere a disposizione la mia esperienza di campo. Non mi è stato dato il tempo. Avevamo una squadra giovane e in costruzione, i risultati negativi ci sono stati, ma almeno in un paio di occasioni sono stati frutto della sfortuna, come nelle partite con Fano e Monopoli (tra l’altro il Fondi ha perso anche sabato, in casa contro la Reggina, 1-0, ndr)».
Molte esperienze finite male. S’è dato una spiegazione?
«Al di là delle mie responsabilità che possono starci, tengo a precisare che la maggior parte delle volte sono andato via io, eppure sento spesso dire che vengo sempre esonerato. Detto questo, mi sono sempre confrontato con realtà difficili, dove tante volte ha dovuto svolgere un lavoro che non era il mio. Mi sarebbe piaciuto dedicarmi solo a cose di campo, ma spesso mi sono trovato a dover contribuire alle spese del club. Una volta, a Massa, ho comprato le maglie, a Gallipoli pagavo ai giocatori la cena negli autogrill dopo le trasferte. Insomma, non è stato facile. Certe cose succedono pure nelle serie superiori, anche se non a quei livelli».
Che fa ora, molla?
«Non ci penso proprio. Io ho voglia di fare questo lavoro e non ho alcuna intenzione di smettere».
Intanto si gode la Roma…
«Beh, sì. Mi piace».
Che ne pensa?
«Noto una crescita costante. In ogni partita ci sono cose in più che funzionano. Si vede il grande lavoro di Di Francesco. Ha formato una squadra compatta, che non dà mai la sensazione di sbandare. Il Napoli è molto forte ma non credo abbia margini di miglioramento. La Roma sì».
Quindi giallorossi più forti del Napoli?
«Non ancora. Napoli e Juve sono un gradino avanti, ma nel gruppo successivo, con Inter e Milan, i giallorossi sono i migliori».
La Lazio come la vede?
«Inzaghi mi piace tanto. L’ho studiato perché volevo attuare un calcio simile al suo: la Lazio sa essere sempre diversa in base alle partite. Lui e Di Francesco sono i miei preferiti».
Anche Eusebio è disposto a modificare l’assetto tattico…
«Sì, non è uno che si fossilizza. Io giudico gli allenatori dal loro modo di lavorare, non dal palmares».
Magari con Schick vedremo una Roma diversa…
«I giocatori di talento sanno sempre adattarsi. Può stare sulla fascia o più interno, può agire dietro Dzeko o al suo fianco. Deve essere messo nelle condizioni di mostrare il suo talento».
Chi le piace in particolar modo della Roma?
«Kolarov. Un acquisto di spessore. Un calciatore che trasmette serenità. Ha esperienza, classe. Quando parte fa la differenza, sa tirare, crossare. La Roma in quel ruolo non ha mai avuto grandi interpreti, tranne Nela e Candela. Ecco, lui è uno di spessore».
Perché a Roma non si vince?
«L’occasione era lo scorso anno, poi sono arrivati troppi problemi».
Tipo?
«La Roma ha giocato senza tifosi e questo lo ha pagato. Poi la questione Totti-Spalletti non ha dato una mano, quindi alcune scelte sbagliate, qualche punto perso qua e là…».
Che ne pensa di Spalletti?
«Bravissimo allenatore».
Ma pessimo carattere?
«Non lo so, non lo conosco personalmente. Ma a volte certe forzature dialettiche possono essere utili in alcuni spogliatoi, non in altri».
L’ambiente romano condiziona?
«Qui ci sono tante pressioni. Per vincere ci vogliono uomini di spessore tecnico e caratteriale».