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La Repubblica Un altro tiro mancino di Kolarov, il leader inatteso della Roma

Kolarov

(F. Bocca) Quando Lorenzo De Silvestri ha fatto fallo su El Shaarawy, il romano ed ex laziale si è disperato ben sapendo che il Robocop Aleksandar Kolarov si sarebbe presentato sul pallone e sarebbero stati guai. E infatti così è andata: il serbo, ex laziale pure lui, ha caricato il sinistro e ha infilato il pallone sotto la traversa, sorprendendo un fiacco Sirigu, e generando così l’11ª vittoria consecutiva della Roma in trasferta. Se non ci fosse stato lui, il Robocop serbo, sarebbero stati dolori, perché ancora ubriaca di complimenti per la bella gara di Londra col Chelsea e sparito di vista il formidabile Dzeko, la Roma allo Stadio Grande Torino stava facendo cilecca.

Classica scoperta di Lotito – dieci anni fa gli costò 800 mila euro – Kolarov porta addosso stimmate laziali tanto da essere stato accolto a Trigoria, dopo 7 anni di Manchester City, da Totti tra il serio e il faceto (“Ah, e tu che fai qui?”) e da rendergli ruvido l’ingresso nel mondo giallorosso. Ormai è un superatleta alto e grosso, plasmato dal calcio internazionale, un terzino sinistro che corre infinite volte sull’esterno e vuole anche campo libero sui binari. Visto più volte far cenno al timido El Shaarawy di fargli spazio. Non solo, pare che alla famosa stretta di mano con Totti, abbia persino carpito al capitano il fluido magico delle punizioni, per cui il Robocop ha ora anche un sinistro fatato. Su punizione ha già fatto gol all’Atalanta, e servito l’assist per il secondo gol di Dzeko a Stamford Bridge.

Ingaggiato dalla Roma con soli 5 milioni, Kolarov è al momento il miglior acquisto della prima epoca Monchi. «Ormai ho quasi 32 anni – ha detto – e vorrei vincere qualcosa. Ma basta parlare di scudetto, non vorrei illudermi». Con una certa perfidia ha fatto gol su punizione proprio al Torino di Sinisa Mihajlovic che non solo fu uno specialista del genere, ma di Kolarov fu addirittura idolo ai tempi della Stella Rossa. «Ci tenevo a far gol con lui. Per me è come un padre. È stato anche mio allenatore ed è una persona cui tengo moltissimo, per questo sono andato ad abbracciarlo». L’allenatore ha imprecato parecchio e a fine partita è tornato negli spogliatoi nervosissimo. «Ma io quella punizione l’avrei messa nel sette», forse pensando che il pallone è passato pur sempre tra le mani di Sirigu.

Mihajlovic aveva schierato un Toro privo di parecchi titolari e orfano di Belotti. Che non avrebbe sprecato i ghiotti palloni finiti tra i piedi dell’inesperto Sadiq. Il super terzino ha fatto vincere a Di Francesco la classica “partita sporca”, niente affatto paragonabile con lo spettacolare 3-3 del mercoledì precedente a Londra. Stavolta l’allenatore della Roma ha pasticciato un po’ la formazione, spostando ancora Nainggolan, ma alla fine gli è andata bene recuperando i punti persi col Napoli. «Kolarov fa ancora troppo poco» ha detto. «Lo scudetto? L’importante è rendere tutti partecipi della causa». Molto Kolarov dunque e un po’ di socialismo giallorosso.

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