(M. Ferretti) Era stato facile profeta, Eusebio Di Francesco, quando nella conferenza stampa della vigilia aveva sentenziato che sarebbe stata determinante la fase difensiva per vincere la partita. Cioè, che il successo sarebbe andato a chi avrebbe difeso meglio la propria porta. Cosa dire, del resto, quando vai ad affrontare un’autentica macchina da gol, una squadra dai meccanismi oliati da anni, non settimane, di addestramento? La differenza tra le due squadre, una con mesi e mesi di vita e l’altra con appena 100 giorni di lavoro alle spalle, si è vista praticamente dal fischio d’avvio di Rocchi. Napoli padrone del campo, Roma quasi impaurita, timida, piccola piccola di fronte a tanta superiorità sul piano del gioco. E forse anche un pizzico demoralizzata di fronte alla spavalderia dell’avversario. Se poi ci si mette anche un (grosso) filo di sfortuna, leggi il casuale tocco all’indietro di De Rossi per la rete di Insigne, ad aiutare chi conosce a memoria come si arriva nell’area avversaria, la situazione diventa ancora più che complicata.
UN’ALTRA RIPRESA Anche perché, con il Napoli in vantaggio, non si trattava più soltanto di difendere bene, ma anche (soprattutto) di attaccare con un minimo di pericolosità. Cosa che alla Roma praticamente non è mai riuscita in una prima frazione da numeri impietosi, vedi il possesso palla in favore degli ospiti, 57,9%, che in uno scontro diretto è davvero tanta roba. Una differenza di valori complessivi in linea con tutto quello che il Napoli ha messo in mostra negli ultimi mesi, al di là delle otto vittorie di fila e della fuga in testa al campionato. La Roma ha faticato tremendamente a difendere, ma come conseguenza logica ha fatto ancora più fatica ad attaccare, con l’isolato Dzeko docile preda dei due centrali azzurri.
Non v’è dubbio che la squadra giallorossa, quando è apparsa meno impaurita, ci abbia provato: nella ripresa ha avuto una fiammata, ha colpito un palo, ha spizzato una traversa ma il gol del pareggio non è arrivato.
E così la partita l’ha vinta il Napoli che ha difeso meglio la propria porta ma che ha bucato Alisson solo con la determinante collaborazione di un avversario. Facendo il riassunto della serata, se ci pensate bene, non è complicato lasciarsi andare a qualche rimpianto, se uno riesce a mettere da parte quanto visto nei primi quarantacinque minuti. Ma affidarsi ai rimpianti a cosa serve? A nulla.