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Il Messaggero Pellegrini si piazza a centro Europa

(A. Angeloni) Ripartiamo dal 28’ st dello Stamford Bridge: esce il pur bravo Gerson ed entra Pellegrini. Lorenzo in campo solo per venti minuti scarsi contro il Chelsea, giusto il tempo di pregustare l’amarezza di un 3-3 che ha lasciato molti malumori per come è maturato. Pellegrini stavolta ci riprova, domani sarà nell’undici anti-Chelsea. Rischia di essere l’unico superstite del centrocampo che ha affrontato il Bologna sabato sera. Perché rientra Nainggolan e perché Gonalons, a quanto pare, dovrebbe bissare la gara dell’andata. Ma non è detto, Di Francesco sta facendo tutte le valutazioni del caso, anche su Strootman, che scalpita e che non gradirebbe un’esclusione da una sfida come questa.

L’ipotesi, tra le altre, è rivedere in campo quattro centrocampisti, con Nainggolan alto. Di sicuro, dopo dieci partite di campionato e tre di Champions una cosa l’abbiamo capita e non era nemmeno difficile: Pellegrini è quello che meglio di tutti interpreta il calcio del tecnico abruzzese. Tocchi rapidi, inserimenti, corse continue in avanti e indietro. Gli manca ancora il gol, un qualcosa che uno come lui ha nei piedi e nella testa, ma fino a ora non è arrivato: in undici presenze, tre in Champions e otto in campionato, Lorenzo ha disegnato “solo” tre assist. Tutta la Roma ha segnato poco, si sbloccherà la squadra e si sbloccherà lui, o viceversa. L’ultimo assist lo abbiamo visto contro il Bologna, l’altro lo ha realizzato a San Siro con il Milan; quello in coppa, invece, sul campo del Qarabag. L’anno scorso, con la maglia del Sassuolo e sempre con Di Francesco suo maestro, ha chiuso con otto reti e otto assist tra campionato e coppe varie. Esuberante, coraggioso, con personalità, Lorenzo ormai non stupisce, perché certe qualità le abbiamo notate anche lo scorso anno, non solo adesso. Non a caso, si sono affacciate a guardarlo da vicino le due società di Manchester, City e United, quindi siamo a un livello già altissimo.

CLAUSOLA – La cifra verrebbe stabilita da una clausola inserita nel contratto, che ne definisce il valore in base alle presenze: senza andare nei dettagli, sostanzialmente, più Lorenzo gioca, più sale l’importo; meno gioca, più facile sarà liberarsi. Ma non è questa la sua intenzione, almeno allo stato attuale. Pellegrini è un figlio di Roma e della Roma (come De Rossi e Florenzi) e non a caso ha scelto di tornare a casa seppur nella passata estate la Juventus e il Milan avrebbero fatto di tutto per prenderlo, ma poi proprio i giallorossi hanno sfruttato il diritto di riacquisto. Lorenzo deve tanto a Di Francesco e si ricorderà pure di Rudi Garcia, che lo fece esordire a Cesena il 22 marzo del 2015. In quella umida serata di inizio primavera, Lorenzo giocò appena ventitrè minuti.

Dovrà ricordare pure i vari Vincenzo Montella, allenatore ai tempi dei giovanissimi e Alberto De Rossi, suo allenatore nella Primavera giallorossa. Insomma, nella sua vita c’è tanta Roma. E per uno che ha dichiarato di aver fatto una scelta di vita alla Totti non sarà facile pensare alla fuga. Di Francesco poi lo considera – al netto del turnover – un imprescindibile. Fino a ora lo ha tenuto in panchina solo in due occasioni, contro l’Inter e con l’Udinese, per il resto lo ha sempre mandato in campo, dall’inizio in cinque occasioni, a partita cominciata tre volte. Solo a Bergamo, prima di campionato, è stato dentro per meno di dieci minuti. In Champions ha giocato titolare solo con il Qarabag, L’unico centrocampista sempre nell’undici, in Champions, è Nainggolan, Gonalons ne ha giocate due su tre, Strootman pure. E pensare che prima di tornare a Roma, Pellegrini, aveva paura di giocare poco, rischiando di perdere il Mondiale. Non è così. Con Di Francesco nessuno si sente inutile.

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