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Il Tempo Un lupo a Londra

esultanza Roma

(T. Carmellini) Una grande Roma, con uno Dzeko formato Champions sfiora l’impresa a Stamford Bridge contro i campioni in carica della Premier League: il Chelsea di Antonio Come. I maestri inglesi si devono piegare alla squadra di Di Francesco che domina la partira, soffre, va sotto, rimonta e sorpassa gli inglesi prima del beffardo 3-3 firmato Hazard che chiude la sfida. Ora, complice anche il clamoroso pareggio dell’Atletico a Baku col Qarabag, la classifica del girone C di Champions ha un bell’aspetto per la Roma. Tutto può succedere ancora, è chiaro, ma adesso è un po’ più in discesa: si può fare.

Chi si aspettava il classico match tra una squadra italiana e una inglese è rimasto deluso: o meglio, l’inglese è sembrata per lunghi tratti la Roma, in grado di giocare in velocità e pressare gli avversari nella loro metà campo. Dall’altra parte il Chelsea di Conte che gioca all’italiana, tutti dietro e pronti a ripartire in contropiede. Anche perché l’unico italiano (Zappacosta) veste proprio la maglia dei Blues. Zero italiani nella fila della Roma perché Di Francesco manda in panchina sia De Rossi che Florenzi oltre ad El Shaarawy e Pellegrini. Pronti via, davanti a un parterre d’eccezione (in tribuna Ancelotti, Malagò, Vialli, il ct del Belgio Martinez, Totti, Pallotta e tutto il gotha del calcio) ed e chiaro quale sarà il canovaccio della serata: la Roma sembra averne di più, spinge e corre, ma alla prima papera difensiva (e con la coppia Peres-Juan Iesus sono all’ordine del giorno), incassa l’immeritato gol del vantaggio inglese. Terribile la respinta difensiva di Juan Jesus che rimette la sfera sui piedi di David Luiz: l‘interno destro a giro non dà scampo a Alisson che non vede nemmeno partire il pallone. Uno a zero, la Roma è sotto. Ma la squadra di Di Francesco non molla e resta in partita, si rialza e sembra avere le carte in regola per dire la sua. Poi, proprio durante il suo momento migliore, arriva il contropiede inglese nato dall’ennesimo errore di Peres. Qui la Roma conferma il suo momento «no» (dal punto di vista della sfiga, visti legni e infortuni), visto che l’intervento difensivo di Fazio serve Hazard tutto solo sulla destra: fa 2-0 e partita che sembrerebbe chiusa. Cosi non è, la Roma resta lì, continua il suo possesso palla forsennato, riprende a spingere: insomma, gioca meglio e giustamente prima dell’intervallo arriva il 2-1 firmato Kolarov. Personalità, cattiveria, voglia: è uno dei migliori dei suoi.

La ripresa riparte con lo stesso tenore, è sempre la Roma a fare la partita con il Chelsea che adesso accusa il crescendo giallorosso. Conte cambia David Luiz e rimedia un plateale «vaffa», ma il vero danno al tecnico italiano lo fa Dzeko. Il bomber bosniaco scrive un pagina indelebile della storia romanista, segnando due gol in sei minuti che lanciano la Roma in Champions. Prima inchioda Courtois con un sinistro al volo sullo spiovente di un Fazio ancora molto presente: il settore romanista esplode letteralmente non solo per il pari ma per la delizia stilistica. Poi sei minuti dopo inzucca da bomber per l’incredibile vantaggio romanista: 3-2 a Londra ed è tutto vero. Ma l’estasi romanista dura poco, perché qui la squadra di Di Francesco commette un altro errore: stavolta tattico. Si chiude, convinta di aver chiuso la partita. Cosi non è affatto e il Chelsea rientra. Terzo tiro in porta dei padroni di casa e terzo gol: ancora Hazard, ancora una cosa imparabile per l’incolpevole Alisson, sempre vigile che esce a resta alta da Stamford nonostante i tre gol incassati. A questo punto, visto lo spavento (ma non solo della Roma), i tre fischi dell’arbitro sloveno Skomina, arrivano come una liberazione per il popoplo romanista che traa la beffa e l’impresa si prende questo punto importantissimo che fa classifica e tanto, ma tanto, morale. Ora tra quindici giorni all’Olimpico la partita di ritorno fa un po’ meno paura: sarà la notte di Halloween… scherzetto o dolcetto? La Roma sogna e prepara per i suoi tifosi un dolce formato stellare.

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