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Aldair: “Gli stranieri non sono il male del calcio italiano”

ALDAIR

«Fossi un tifoso italiano sarei comunque fiducioso, a patto però di cambiare parecchie cose, un po’ come è successo al Brasile dopo la terribile ‘mazzata’ del Mondiale 2014». Aldair, ex difensore della Roma e della Seleçao, è tra i tanti rimasti stupiti per la precoce eliminazione dell’Italia dal calcio che conta ma invita a «non essere negativi. Quando le cose vanno male – spiega ai microfoni dell’agenzia di stampa – si vorrebbe cambiare subito e tutto, ma l’importante è fare le cose con tranquillità, pazienza e soprattutto lungimiranza».

Il paragone è presto fatto: «Noi abbiamo perso 7-1 con la Germania nel Mondiale organizzato in casa, è stata una mazzata terribile, ma dopo quel flop abbiamo voltato pagina: cambiato i vertici, cambiato il ct e adesso le cose vanno bene. Sono stati tre anni duri, abbiamo avuto coraggio e questo ha pagato». D’accordo con Tardelli, Aldair riconosce che «non sono gli stranieri il male del calcio italiano. Il problema vero sono i giovani: bisognerebbe lavorare di più con loro per cercare di metterli il prima possibile in prima squadra. Il problema è che in Brasile o in Germania i giovani ci arrivano che hanno 17-18 anni, in Italia quando capita, ne hanno più di 20. Io vado in giro e vedo tanti ragazzi interessanti, ma i club hanno fretta…».

È vero, aggiunge ‘Pluto’, che «adesso c’è meno talento, ci sono meno campioni, ma non si può riassumere tutto con la presenza degli stranieri, come accade in tutti i più grandi campionati. Semmai – è la stilettata del campione del mondo 1994 – forse le squadre italiane hanno tanti stranieri perché costano meno. Un giovane che viene da fuori oggi costa meno di un giocatore indigeno. Il resto sono chiacchiere – aggiunge – la verità è che quando giochi con giocatori forti impari e oggi in Italia non è cosi, perché i più forti giocano in altri Paesi. Poi c’è una questione di regolamenti, perché un conto è giocare in Primavera col passaporto italiano, un altro è giocare in prima squadra e oggi i ragazzi giocano meno perché i club hanno fretta, poca pazienza e vogliono vincere subito».

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