(G. Cardone/M. Ercole) – Il derby d’alta classifica se lo prende la Roma. Glielo regala la Lazio, con due errori individuali nel giro di 4 minuti che rompono un equilibrio andato avanti per poco meno di un’ora: «Nel primo tempo – spiega Inzaghi – è stato un derby guardingo. La Roma probabilmente aveva il baricentro più alto, ma eccetto un colpo di testa non ci aveva impensierito più di tanto. Anzi, con delle ripartenze sembrava che potessimo creare i presupposti essere pericolosi. Nel secondo tempo sapevamo che gli spazi si sarebbero aperti e che avremmo potuto sfruttarli con i cambi. Ma quando si commettono due errori individuali così i derby si perdono». Sono entrambi di Bastos.
Il primo è il contatto con Kolarov che provoca il rigore realizzato da Perotti; il secondo è un’incertezza che permette a El Shaarawy di rubare palla all’angolano e servire Nainggolan, che fa 2-0. È il 53’ e ovviamente cambia tutto. La Roma comincia ad addormentare la partita (sfruttando anche il lavoro certosino dei raccattapalle, molto “distratti” e sprovvisti di palloni nella ripresa) e la Lazio non sembra avere le forze per reagire. L’inerzia cambia solo dopo l’inserimento di Nani, Lukaku e Patric (al posto dell’infortunato Radu), ma i tentativi si fermano solo al rigore del 2-1 realizzato da Immobile. L’attaccante azzurro si dà un gran da fare, ma è a mezzo servizio e finisce la gara zoppicando. Non al massimo nemmeno Milinkovic, evidentemente stanco dal volo transoceanico con la nazionale serba che lo ha riportato a Roma solo giovedì e tra i pochi a non aver reso come avrebbe potuto.
La Curva Nord – che ha dedicato la scenografia a Gabriele Sandri, ricevendo gli applausi dell’intero Stadio Olimpico – al termine della partita abbraccia comunque i suoi giocatori, ma Inzaghi adesso dovrà evitare pericolosi contraccolpi psicologici: «Dispiace per noi e i nostri tifosi. Ma anche l’anno scorso avevamo perso il primo derby. Sappiamo cosa ci aspetta, da capo di questa squadra dovrò essere bravo a far dimenticare la sconfitta e ripartire più forti di prima».
Fonte: la repubblica