Liam Rosenior scrive sul Guardian. Non ci sarebbe niente di male o di strano, se non fosse che il 34enne autore di un pezzo su Daniele De Rossi è un calciatore professionista. Ed è ancora in attività, gioca in Premier League con il Brighton. Come se da noi, ad esempio, Dario Dainelli scrivesse per il Corriere della Sera. Abbiamo fatto la giusta proporzione tra calciatore, club, testata. Impensabile, inconcepibile. Eppure, possibile.
Comunque, come detto si parla di De Rossi. Del suo momento di rabbia in panchina durante Italia-Svezia. C’entra Insigne, ne abbiamo parlato, sappiamo di cosa parla. Rosenoir spiega: «Fidatevi, è una cosa comune a tutti i calciatori del mondo. Anzi, un atteggiamento del genere, di rabbia nei confronti delle scelte di un allenatore, è una testimonianza di interesse. Vuol dire che al calciatore brucia la situazione negativa che si sta concretizzando sotto i suoi occhi. Posso solo immaginare però come si sia sentito De Rossi, un veterano di altissimo livello, mentre la sua nazionale perdeva un Mondiale. Mentre anche lui perdeva l’ultima occasione di giocare in un Mondiale».
Continua Rosenoir, ed è un bel leggere: «Ciò che caratterizza la vicenda di De Rossi è una sottile ironia di fondo: lui è stato altruista, avrebbe voluto che Insigne entrasse in campo. Ha dimostrato di tenere di più al vantaggio della sua squadra piuttoso che a sé stesso». Per questo, De Rossi è stato metaforicamente applaudito da Joachim Löw, il tecnico della Germania.
Ma qui Rosenior snocciola il suo secondo pensiero: «Löw sarebbe stato altrettanto “felice” se De Rossi fosse stato un suo calciatore? Non credo. Noi giocatori dobbiamo dare tutto per vincere, prenderci cura della nostra squadra, sostenere i nostri compagni. Però abbiamo anche il dovere si rispettare le decisioni del nostro allenatore, soprattutto in pubblico. Pensate se una situazione del genere si verificasse per tutte le sostituzioni? La partita sarebbe finita prima del cambio effettivo. Inoltre, è anche un problema strutturale: sono sempre e comunque i manager a pagare per gli eventuali risultati negativi».
Continua Rosenior, ed è un bel leggere: «Ciò che caratterizza la vicenda di De Rossi è una sottile ironia di fondo: lui è stato altruista, avrebbe voluto che Insigne entrasse in campo. Ha dimostrato di tenere di più al vantaggio della sua squadra piuttoso che a sé stesso». Per questo, De Rossi è stato metaforicamente applaudito da Joachim Löw, il tecnico della Germania.
Ma qui Rosenior snocciola il suo secondo pensiero: «Löw sarebbe stato altrettanto “felice” se De Rossi fosse stato un suo calciatore? Non credo. Noi giocatori dobbiamo dare tutto per vincere, prenderci cura della nostra squadra, sostenere i nostri compagni. Però abbiamo anche il dovere si rispettare le decisioni del nostro allenatore, soprattutto in pubblico. Pensate se una situazione del genere si verificasse per tutte le sostituzioni? La partita sarebbe finita prima del cambio effettivo. Inoltre, è anche un problema strutturale: sono sempre e comunque i manager a pagare per gli eventuali risultati negativi».