(A.Angeloni) – Cosa ci ha comunicato la sfida di Marassi tra Genoa e Roma. Al di là del pari, che – visto il trend delle altre – somiglia più a una sconfitta, la squadra ha fatto quello che doveva fare e stava per portare a casa un successo con il minimo sforzo e senza subire granché. Si sarebbe definita la vittoria “da grande squadra”, si sarebbe messo un punto e si sarebbe andati a capo. Ma anche in quel caso avremmo evidenziato delle criticità che sono normali in questa fase ma che dovranno essere risolte quanto prima. Una su tutte: ci sono alcuni calciatori che stanno accusando un po’ di stanchezza. Le partite in serie, quattordici di campionato e cinque di Champions (più tutte le sfide delle nazionali), cominciano a farsi sentire su chi, queste sfide appunto, le ha dovute giocare un po’ tutte. Facendo tre nomi, Nainggolan (16 partite 1.406 minuti complessivi), Dzeko (18 gare e 1.600 minuti) e Kolarov (17 partite e 1.514). Tre che contro il Genoa non hanno esaltato. Ninja a parte, parliamo di calciatori che non hanno alle spalle un sostituto: Emerson è tornato ora e non è ancora pronto per l’uso, Defrel, venuto a Roma proprio per fare il vice di Dzeko, ma tra il dover sostituire l’esterno che non è arrivato e una serie di infortuni che lo hanno limitato, non è riuscito mai a dar fiato a Edin, che ha cominciato alla grande, segnando gol a ripetizione, ha cambiato modo di giocare mettendosi a disposizione della squadra, e ora appare un po’ spento, meno reattivo del solito. Un momento passeggero, è chiaro. Tornando a Nainggolan: di solito viene sostituito da Pellegrini, che in questa fase vive una momento non esaltante.
PRONTO SOCCORSO – Diciamo che l’ex Sassuolo ha bisogno di scendere in campo per ritrovare fiducia, la sua non è stanchezza, mentre il Ninja ha necessità di stare a guardare almeno una partita. Ma non è solo questo il motivo del pari di Genoa, diciamo però che è una foto del momento. Indicativa. In soccorso di Di Francesco, alla luce di questi aspetti, c’è un calendario che aiuta e qualche ritorno, vedi Schick e Emerson, che può essere utile proprio per effettuare il turnover su quei calciatori. Turnover che, invece, fatto costantemente su altri, ha dato i suoi frutti. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il calendario, dicevamo. La Roma deve arrivare allo scontro con la Juventus, il 23 dicembre, con nove punti in più, perché dopo il pari di Genova, se si vogliono mantenere le ambizioni scudetto, non si può più sbagliare. La Roma venerdì gioca con la Spal, per poi andare a Verona con il Chievo e ricevere in casa il Cagliari. Il 5 dicembre poi, c’è il Qarabag, sfida decisiva per il passaggio agli ottavi di Champions League. Tre sfide (più una in Europa) che ricordano un po’ quelle di inizio stagione (Torino, Crotone e Bologna), che hanno risollevato la Roma poco dopo la sconfitta contro l’Inter e il Napoli. La Roma è nata lì e ha la possibilità di ritrovare la strada giusta nei prossimi venti giorni. Tre sfide per allargare il turnover e riproporre calciatori che fin qui abbiamo visto poco.
ROSA DA ALLARGARE – Pian piano DiFra sta recuperando Schick, che ha bisogno di allenarsi e di giocare con continuità. Ovvio, ha ragione Eusebio, i cinque minuti di Marassinon bastano per dare un giudizio. A Patrik manca la condizione fisica non le qualità, che anche in quei cinque minuti di Marassi ha fatto vedere. Rivedremo anche Emerson, ormai rientrato in pianta stabile tra i convocati ma non si è ancora affacciato in campo. A breve toccherà anche a lui. Contro la Spal, Eusebio farà un turnover stile Roma-Crotone, quando mandò in campo con Karsdorp, Moreno, Gonalons, Gerson, Under e poi sono finiti dentro Florenzi, Pellegrini e Defrel. Quello, un turnover quasi inedito, rispetto alla sfida precedente a Torino, con sette titolari diversi. Il calendario, oltre a presentare partite sulla carta abbordabili per la Roma, propone anche scontri diretti tra le prime tre, che possono aiutare i giallorossi a riprendersi i punti (di distacco) persi a Marassi. Napoli-Juventus è una di queste, Juventus-Inter un’altra ancora. Insomma, qualcosa può succedere ancora.
fonte: Il Messaggero