(P. Torri) – Otto minuti. Quattrocentottantotto secondi. Potrebbero essere i titoli di un film thrilling. È il tempo giocato da Patrik Schick a Marassi, contro il Genoa, nel finale di una partita maledetta. Sufficienti per trovare la conferma sul talento di questo ragazzo per il quale la Roma ha investito quarantadue milioni di euro, la cifra più alta mai spesa dalla società giallorossa per assicurarsi il cartellino di un giocatore. Anzi, di un campione. Perché in quegli otto minuti o in quei quattrocentottantotto secondi, chi scrive ha visto il futuro che poi è già presente. Un giocatore vero, uno, tra l’altro, che ha appena ventuno anni e quindi margini di crescita e miglioramento che non sono neppure quantificabili, comunque importanti. […]
Rivedeteveli quei quattrocentottanta secondi del finale a Marassi contro il Genoa. Seguitelo con un occhio particolare, solo per lui, come se non ci fossero gli altri ventuno giocatori in campo. I movimenti, il trattamento della palla, la difesa della stessa, l’idea di un calcio che è per pochi, quelli che fanno la differenza. E questo lungagnone arrivato dalla terra di Jan Palach può davvero legittimare un sogno. Ha tutto per riuscirci, fisico, tecnica, qualità, intelligenza calcistica, movimenti, istinto, la faccia giusta. In quegli otto minuti ogni volta che gli arrivava un pallone, i difensori del Genoa andavano in apnea, non sapevano cosa aspettarsi al punto che in diverse occasioni hanno preferito stenderlo piuttosto che rischiare che desse definitivamente corpo alla giocata che aveva in testa, una giocata da campione. Ora ha soltanto bisogno di allenarsi e giocare con continuità. […]
Ci sarà da ragionare su come poter sfruttare il talento di Schick. Non è detto che il tecnico dovrà cambiare la squadra per poterlo coinvolgerlo nella Roma che gioca il quattro-tre-tre. Può fare benissimo l’esterno di destra, tenendo soprattutto conto che i due esterni offensivi difranceschiani, se ci avete fatto caso, spessissimo se non sempre sono chiamati ad accentrarsi per consentire all’esterno basso di trovare la corsia libera. Per spiegarci meglio: avete mai visto giocare Perotticosì accentrato come sta facendo in questa stagione? Ecco, allora, provate a immaginare il ceco sulla corsia destra che si accentra e sceglie, tirare o passare. Non so a voi, ma a chi scrive questo non fa che alimentare un grande sogno. Vedere insieme in campo Dzeko e Schick, trecentottanta centimetri d’altezza, è un’ipotesi che non vediamo l’ora si trasformi in realtà. […]
I due possono e devono giocare insieme, sapendo di poter essere devastanti, palla a terra o palla in aria non farebbe troppa differenza, in un gioco di ruolo in cui una volta Dzeko fa il centravanti e l’altro quello che gli gira intorno, oppure viceversa, non farebbe troppa differenza. Bisogna soltanto aspettare. E poi ci sarà da divertirsi. Perché il futuro è già qui.
Fonte: Il Romanista