Luca Montuori, assessore all’urbanistica di Roma Capitale, parla del progetto giallorosso che dovrebbe sorgere a Tor di Valle qualora arrivasse il sì definitivo dalla Conferenza dei Servizi nell’ultima seduta indetta per il 4-5 dicembre.
Finalmente lo Stadio della Roma. Possiamo dirlo ad alta voce?
Per quanto riguarda noi sì. Abbiamo lavorato a questa revisione del precedente progetto, che aveva incontrato tanti ostacoli e che era stato bloccato dalla Conferenza dei Servizi. Abbiamo lavorato alla revisione, che rispecchia le linee che abbiamo dato. Per quanto riguarda noi lo Stadio si fa, però c’è una Conferenza dei Servizi che decide, però ci sono quattro pareri, tutti favorevoli, possiamo dire: lo Stadio si fa.
Quanto può dare lo Stadio della Roma alla Capitale ed al movimento calcistico nazionale?
Ci siamo preoccupati di vari aspetti. Primo, che potesse dare il più possibile alla città, allargando il sistema dell’interesse pubblico all’intero quadrante: prolungando al massimo il sistema infrastrutturale, collegando parti di città, ad oggi molto distanti per tempi di percorrenza. Speriamo che alla città possa dare il massimo. Quanto darà in termini al calcio? Io ho una visione sul rapporto tra calcio, politica, stati nazionali e così via. E’ tutto un sistema atipico, nel quale il calcio gioca un ruolo molto importante, rispetto ad anni fa. Non è iniziata oggi, ma potrà dare molto perché oramai le squadre non sono solo persone che giocano a pallone, ma veri e propri sistemi economici. La squadra con lo stadio di proprietà è un sistema economico che ha più valore e quindi si pone sul mercato in maniera diversa ed è importante. L’interesse per la prima applicazione della Legge sugli Stadi è perché si vuole dimostrare che funziona e che altre squadre possano seguire le orme della Roma e costruire con questo sistema lo stadio di proprietà. L’importante è sempre che le città mettano il beneficio pubblico come prima cosa e che queste operazioni devono essere guidate nel massimo interesse pubblico, facendo l’interesse sia della città, ma anche degli investitori privati.
Come riprenderà la prossima Conferenza dei Servizi?
C’è il Rappresentante Unico di Roma Capitale che si siederà al tavolo. In questi giorni si sono svolti incontri tecnici per sciogliere gli ultimi dubbi: la Città Metropolitana ha risolto le sue questioni ed il suo parere diventa favorevole, sciogliendo le prescrizioni che aveva posto precedentemente. Si è data l’immagine di contrasti tra persone, ma queste stanno normalmente al tavolo insieme, si conoscono da anni e lavorano tranquillamente insieme a diversi progetti.
Vi dà fastidio che passi l’idea che una telefonata del Ministro Lotti abbia sbloccato un lavoro che voi fate da mesi?
Noi abbiamo lavorato a questa soluzione da mesi e la Conferenza dei Servizi riguarda questo progetto. Poi c’è un intervento da parte di un Ministro, che per ora è una telefonata e che si dovrà concretizzare in atti, che siano conformi alle norme. Come ben si sa, la Legge sugli Stadi prevede che l’equilibrio economico finanziario sia trovato all’interno dell’operazione, così come noi abbiamo fatto. Nel momento in cui tutto questo si placherà in un’unica soluzione noi saremo contenti. Tutto ciò che migliora l’accessibilità a quel quadrante per noi è positivo.
Ci può spiegare cosa sta accadendo attorno al Ponte di Traiano?
Quando è stata fatta la precedente delibera, il Ponte dei Congressi non era stato finanziato, quindi, per raggiungere l’equilibrio dell’interesse pubblico, era stato necessario garantire un’accessibilità all’area e quindi realizzare un ponte. Quando noi abbiamo preso in mano il progetto, non abbiamo fatto altro che lavorare sul solco di quella delibera, perché altrimenti avremmo dovuto ricominciare la procedura e avevamo sul tavolo degli elementi nuovi che aggravavano la situazione: il vincolo idrogeologico e tutta un’altra serie di cose. Avevamo anche degli elementi che, invece, la alleggerivano. Non approfittare dell’alleggerimento non avrebbe rispettato l’interesse pubblico. Ci dobbiamo ricordare che dare diritti edificatori ai privati è a carico dei cittadini. La possibilità di conferire diritti edificatori è facoltà delle amministrazioni. L’idea del costo zero è sbagliata, quella roba costava un intervento che appesantiva quel quadrante. Noi riteniamo che, all’interno di quella situazione, il Ponte dei Congressi svolgeva la funzione di alleggerimento del traffico ed abbiamo deciso di ridurre le cubature e dare meno diritti edificatori, per avere un equilibrio, che la stessa legge sugli stadi richiede, cioè che vengano fatti quei pochi interventi che permettano di mantenere l’equilibrio economico finanziario. Riteniamo di aver rimesso in equilibrio questa anomalia.
Se durante gli scavi si dovesse trovare un reparto archeologico, che cosa succederà?
Questa volta la risposta è seria, non lo so (ride, ndr).
Secondo lei qual è l’eredità del Novecento?
Secondo me l’eredità del Novecento è la particolarità della modernità italiana. Cioè l’apporto che l’Italia ha saputo dare al momento della modernità nel trovare una propria strada nella relazione con il proprio passato o con la storia, ma non con il passato della retorica. Scusate ma lo dico subito perché altrimenti nasce il problema della retorica nel ventennio. Con il passato nel senso con il paesaggio, con alcuni archetipi o con alcune modalità di relazionarsi con il territorio, che in alcuni posti in Europa non erano il linguaggio della modernità. Io penso ad architetti come Alberto Libera, come lo stesso Giuseppe Terragni, che è sempre stato celebrato per la perfezione della sua modernità. C’è chi lo ha riletto, penso a Franco Purini, che ci ha sempre spiegato come la casa del fascino di Covre in realtà fosse la rilettura della griglia della città romana riportata su un prospetto di un’opera moderna appunto.
Se dovesse scegliere uno dei cinque periodi del Novecento lei, a livello architettonico, quale sceglierebbe?
Se parliamo dell’Italia devo dire che non mi è mai piaciuto l’idea delle correnti o della divisione in periodi. Ho sempre visto la storia come un sistema che va sincronicamente a prendersi dei pezzi che preferisce e li rimette insieme in un altro calderone. Quindi non saprei dire un momento particolare. Anzi per me proprio il rapporto con la storia sta nella possibilità di mettere un edificio del 1920 insieme ad uno del 1350. Cioè di poter mettere il Rinascimento Fiorentino con la capacità di ridurre la superficie e la grafica con Giuseppe Vaccaro e quindi con Venturi. Mi interessa questa capacità di saper leggere attraverso la storia, senza mai chiuderla che è uno dei rischi di chi ha sempre opposto il futurismo al razionalismo. L’errore è stato quello di chiudersi in una interpretazione ideologica e politica. E’ chiaro che il futurismo ha una sua cifra stilistica, è un suo problema estetico anche se ha altri tipi di architettura. Mi piace pensare però che la bottiglia di Boccioni sia un oggetto che ha influenzato tante architetture. Penso anche a Frangheri. Credo che tutta vada letto in questa chiave.
Lei è romano. C’è un edificio o un monumento di Roma che le piace in maniera particolare?
Allora come monumento, prendendo la definizione così prendo tempo (ride, ndr), secondo me dobbiamo escludere gli edifici, perché in quel caso allora potremmo estenderlo anche a problemi urbani come una strada o ad un intervento, prima di diventare assessore mi ero messo a studiare tutto il problema legato a via Giulia come è nata nel rapporto tra politica e realizzazione urbana. Però se dovessi pensare ad un monumento come luogo che mi piace particolarmente, nel termine più tradizionale del termine, è Piazza del Quirinale e quindi la Fontana dei Dioscuri.
Fonte: pagineromaniste.com