(F.Bocca) – Il Tenero Eusebio è un predestinato, riluce già di un’aura sacra, profuma di santificazione, forse un po’ prematuramente, ma a Roma il calcio è l’unica cosa che davvero corre e precorre. Di Francesco ha la miglior partenza di campionato dopo Garcia, per molti tifosi è già il miglior allenatore dopo Liedholm e Capello, è la dimostrazione che il calcio non sarebbe finito con l’addio di Totti, è il trionfatore del derby più ancora di Perotti e Nainggolan che hanno fatto i gol che hanno battuto la Lazio, e sulla Champions League siamo quasi a livelli di santificazione, appunto: un pareggio a Madrid, in casa dell’Atletico, e il miracolo della qualificazione sarebbe l’epilogo sorprendente di un girone che doveva essere infernale ed s stato invece profetico e sbalorditivo.
Eusebio Di Francesco è zemaniano, sacchiano e sarriano al tempo stesso. È un “progressista” all’italiana, è affascinato dal calcio dei grandi maestri, ma alla fine ne ha tirato fuori una sintesi del tutto personale, una via pescarese-romanista, assolutamente originale: gioco alto, pressing nell’area avversaria, gioco sulle fasce più stretto per non mettere fuori campo El Shaarawy o Perotti, attenzione al gioco difensivo di tutta la squadra con dunque uno spruzzo di puro italian style, rigido turn over per coinvolgere la squadra, senza spaccarla e dividerla in partitini e correnti. Un manifesto politico, con un leader riconosciuto e consacrato.
Il progressista Di Francesco contro il giurassico Pablo Simeone, il campione del calcio antico, feroce, in controtendenza su barcellonismo e madridismo, l’essenza del football, il ritorno del catenaccio e contropiede in forma rilucidata e rimodernata. Ma anche in grande difficoltà e con un partito che comincia a spaccarsi. L’Atletico Madrid è agli sgoccioli in Champions, in Liga è 10 punti sotto il Barcellona, ha uno stadio nuovissimo e dal nome assai poco colchonero ( Wanda Metropolitano) ma dove non vince quasi mai – due vittorie e una sfilza di pareggi – comincia a mostrare qualche crepa preoccupante. Antoine Griezmann è in crisi nera, non segna più ( 8 partite all’asciutto), è preoccupato, sarebbe tentato dal Barcellona e soprattutto il fratello Theo ha attaccato a testa bassa il giurassico Simeone: «Com’è possibile fare gol quando si fanno 20 metri avanti e 40 indietro?» . Ma il giurassico Simeone ha per ora messo da parte tutta la ferocia da antico velociraptor: «Sono idee di una persona che rispetto. Griezmann è un po’ preoccupato, ha abituato il pubblico in questi anni a vedere tanti gol. Ma passerà, è un campione» .
Il progressista Eusebio Di Francesco e il giurassico Diego Pablo Simeone sono divisi da due d’anni d’età, hanno un paio derby di Roma in comune (in particolare si ricorda il 4- 1 per la Roma nel 1999, anno dello scudetto della Lazio), ma sembrano provenire da pianeti diversi. Simeone è tecnicamente quadrato come un allenatore italiano vecchio stampo, Di Francesco è aperto e innovativo come se avesse fatto il corso allenatori in Spagna. «Me lo ricordo da calciatore come uno molto simile a me» dice adesso riverente e sottomesso Simeone. «È uno che in campo riversa tutto quel carattere che aveva da giocatore» dice rispettosissimo l’allenatore della squadra giallorossa. «Grande rispetto, ma anche presa di coscienza di ciò che stiamo facendo» dice Di Francesco, come se avesse 20 partite di Champions sulle spalle.
All’andata fu un tiro a segno, il miracolo delle parate di Alisson. Oggi la situazione è rovesciata, l’uomo che viene da Sassuolo ha preso in contropiede il duro di Madrid.
fonte: La Repubblica