(A.Angeloni) – «Speri di capitare in un gruppo buono e poi esce sempre il peggiore». Così parlò Daniele De Rossi lo scorso agosto, appena dopo il sorteggio. Ci sperava, ma ci credeva poco nel passaggio del turno, come tanti del resto. Oggi Daniele De Rossi è in campo, con davanti il Qarabag, per godersi una serata che non si aspettava: gli ottavi sono ampiamente alla portata. Lui ci arriva “fresco e riposato” dopo il turno di squalifica scontato con la Spal (ne dovrà vivere un altro domenica contro il Chievo). Infatti dà per scontato che stasera sarà in campo e lo fa davanti al suo allenatore, che subito lo fulmina (col sorriso). «Gioco, ops diciamo che sarò a disposizione», dice Daniele. «Ecco, ti sei salvato in scivolata», la risposta di Di Francesco. Si ride, De Rossiè il grande vecchio della Roma, uno che la Champions l’ha giocata spesso «accettando sempre la dimensione della Roma, con cui mi sono tolto grandi soddisfazioni e ho subito pure alcune umiliazioni», precisa.
INSEGUENDO TOTTI – Il destino romanista di Daniele nasce proprio in Champions. La prima maglia vera l’ha indossata proprio in questa competizione: era il 30 ottobre del 2001, con la maglia della Roma campione d’Italia. Una partita ininfluente contro l’Anderlecht, ma per lui è stata “La Partita”, una data da ricordare. Entra al minuto 70 al posto di Tomic, che per Daniele è un po’ come Rizzitelli per Totti. Sono passati sedici anni, sedici come il numero della sua maglia e 50 presenze in Champions (sei gol), totali 87 in Europa (con 11 reti). Quest’anno se va bene, oppure l’anno prossimo potrebbe superare Totti (fermo a 57), il capitano dei capitani.
ROSSO DI RABBIA – Daniele tutti questi anni ha convissuto con il vizietto delle espulsioni («dopo Genova ho chiesto scusa, di più non posso fare. Ho la sensazione che i miei compagni mi ritengano una persona perbene, uno che non gli volterebbe le spalle se succedesse a loro»), che lui fa notare come non siano poi così tante se distribuite in sedici anni di carriera; non ha potuto vincere lo scudetto perché il suo talento è arrivato un po’ in ritardo rispetto a quel 17 giugno del 2001, ed ora è qui a sperare ancora in quel titolo, quando alla scadenza del contratto manca solo un anno. «Se non avessi creduto nello scudetto avrei smesso prima. Né continuerò a giocare finché non lo vincerò. Non sarebbe giusto, anzi sarebbe da folli, non fa parte del mio carattere. E spero di vincerlo, penso sia possibile». Lo striscione che gli ha dedicato la Sud gli ha messo addosso il sorriso in un momento delicato, stasera vuole ripagare quell’affetto popolare. «Quando ho avuto problemi, i tifosi hanno dato sempre il segnale di essere dalla mia parte. Quello striscione mi ha reso felice. Il Qarabag? Sarà come tutte le partite importanti che giochi, come un derby. Sono sfide importanti, da vincere, da aggredire. Abbiamo un modo di affrontare le gare sempre molto simile. E questo ci ha dato grande convinzione. Bene o male siamo questi, è uno dei nostri punti di forza. Bisogna passare il turno, per acquisire una maggiore dimensione internazionale». Stasera sarà in campo, con la fascia di capitano al braccio. Lo scorso anno Spalletti, dopo l’espulsione col Porto, gliel’aveva tolta a tempo. S’era detto che l’avrebbe persa anche stavolta, dopo lo schiaffo a Lapadula. «E’ una tattica che funziona. Immagino ciò che è stato scritto, sulla fascia dipende dai singoli allenatori. Di Francesco mi ha voluto in conferenza ed è stato un attestato di fiducia, spero di ripagarlo».
EUSEBIO NON FA “CASINO” – Di Francesco, per Daniele, è il nuovo punto di forza. DeRossi ricorda quando disse che era «complicato» sostituire Spalletti. Oggi non ha cambiato idea. «Avevo ragione: era complicato non impossibile. In quei giorni si parlava di quell’allenatore, che passava come uno sprovveduto. Qualche casino l’ha fatto, sapete cosa è successo, del clima con Francesco. Ne abbiamo risentito un po’ tutti. Ho detto difficile, non impossibile. Ora facciamo gli scongiuri, ma credo che i sei mesi di Di Francesco siano i migliori di tutti ad inizio percorso nella Roma. Oggi c’è una bella atmosfera».
fonte: Il Messaggero