Una presenza – una – con la maglia della Roma. Dieci anni fa esatti. In Coppa Italia, contro il Torino. È il 19 dicembre 2007, all’Olimpico non di Roma si gioca l’ottavo di finale di andata della competizione nazionale. È Torino-Roma. Sembra come un dejà-vù di questo Roma-Torino dieci anni dopo, sempre di Coppa Italia, sempre ottavi di finale (gara unica, stavolta). Cronaca dell’epoca: i giallorossi di Spalletti perdono 3-1, ma poi si rifanno al ritorno facendone quattro e passando il turno. A dieci minuti dalla fine, fa il suo esordio il diciottenne Claudio Della Penna. Classe 1989, si tratta di uno dei talenti più interessanti del settore giovanile romanista.
Se lo ricorda quel debutto?
“Come dimenticarlo? Ho ancora la maglia a casa. Fu anche la mia unica gara ufficiale con la Roma. Presi il posto di Antunes, dovevamo recuperare un risultato negativo. Il Torino vinse, Recoba fece doppietta e fu protagonista di quella gara. Andò male per la nostra squadra, ma poi nel match di ritorno vincemmo 4-0. E alla fine ci aggiudicammo la Coppa Italia in finale con l’Inter. Per me poteva essere l’inizio di una carriera di livello. E invece…”.
E invece?
“Non riuscii a dare seguito e a trovare continuità. All’epoca ero uno dei giocatori più in vista del settore giovanile, Spalletti mi teneva in grande considerazione. Mi allenavo sempre con la prima squadra e spesso andavo in panchina. Quella notte a Torino mi diede un’importante possibilità, seppur entrai a risultato compromesso”.
Cosa non andò successivamente?
“Diciamo che non serve esordire in una competizione importante, campionato o coppa che sia, per fare poi strada nel calcio. Io negli anni a seguire girai tanto in prestito, non riuscendo a trovare una collocazione definitiva. Non sono stato fortunato, ho vissuto il fallimento in B o in C dei club che mi avevano dato fiducia. Tipo il Gallipoli di Giannini. Ho vissuto una buona stagione con la Ternana, in cui centrammo la promozione dalla C alla B, ma lì in qualche modo finì il mio sogno”.
Perché?
“Al termine di quel campionato mi trovavo in comproprietà tra Roma e Ternana. La società giallorossa non mi riscattò, era da poco entrata la proprietà americana. Dunque, i dirigenti in carica nell’estate del 2011 preferirono fare altre scelte. Restai alla Ternana, ma poi non mi rinnovarono il contratto. E fui costretto a scendere in Serie D, dove potete immaginare non girano tanti soldi e il calcio non può diventare la tua unica occupazione”.
Quindi, che si è messo a fare?
“Ho continuato a giocare, ma più per passione. Ho tirato su famiglia e mi sono messo a lavorare. Oggi sono impiegato in una ditta di trasporti”.
Com’è passare dal calcio professionistico a un lavoro normale?
“Fu rapidissimo salire ai vertici del calcio, ma è stato altrettanto veloce scendere. È la vita. Non mi ha pesato particolarmente il ridimensionamento, non rimpiango nulla di quello che ho fatto. Se non ho ottenuto di più nel calcio è solo per colpa mia e per una serie di incroci che non si sono incastrati nel modo giusto. Tra infortuni, conoscenze e procuratori sono tante le variabili che possono fare la differenza. Non tutti arrivano, a un certo punto si crea una sorta di selezione naturale. È normale”.
Nonostante lei fosse uno dei più quotati del vivaio di Trigoria.
“Sì, feci tutta la trafila delle nazionali, dall’under 15 all’under 20, ma non bastò. Non sempre si affermano quelli più bravi. Devo dire, però, che io non ho mai rincorso la carriera per fare soldi a tutti i costi. Il calcio è e resta un meraviglioso gioco. Ma si può campare bene anche in modo normale, come sto facendo”.
Ha citato i procuratori, chi era il suo agente all’epoca?
“Mi seguiva l’avvocato Giulio Dini, ma non so se oggi pratica ancora questa professione. Ricordo che aveva un rapporto di conoscenza con Spalletti”.
Segue ancora il pallone con attenzione?
“Gioco a livello regionale con il Tor Sapienza e mi diverto. Per il resto, vedo anche la Serie A e simpatizzo per la Roma. Non sono più un tifoso come lo ero dieci anni fa. Vivendo da dentro certe dinamiche, la passione e l’amore possono venire meno. Capisci tante cose e un po’ ti cambia la visione e ti toglie l’incanto di quel mondo. A me è successo così”.
Fonte: As Roma Match Program