(E. Sisti) C’è qualcosa di affascinante e al tempo stesso di allarmante nell’ammirare in diretta televisiva internazionale dei ragazzini, tutti rigorosamente al di sotto dei 12 anni di età, giocare a pallone e riempire un palinsesto come tanti ometti.
Da ieri e fino a sabato ogni mattina Fox Sports trasmette in esclusiva da Tenerife le partite della “Liga Promises” (incluse dalla Liga nel pacchetto dei diritti del campionato). Il torneo è in piedi dal ’96, tempi da 12 minuti nei gironi, poi 15 e infine 20 per la finale, campo di 60 metri, squadre di 7 elementi. Il tutto avviene nel luogo della mente in cui si dà per scontato che ogni cosa sia filmabile: senza però appurare se ne valga la pena, se veramente tutto ciò abbia un senso o se per caso l’occhio del mondo sulle migliori “cantere” d’Europa che non si sfidano più al centro di allenamento bensì di fronte alla stessa platea che segue Messi e Ronaldo (“cantere” che forse sarebbe meglio proteggere e continuare ad ammantare di un alone di sano mistero) non trasformi una normale telecamera in una telecamera di sorveglianza e l’attenzione per la prima adolescenza che si diverte a dare calci ad un pallone in una specie di voyeurismo condiviso (a 12 anni rientriamo ancora nell’ambito della “scuola calcio”).
Divertente certo, ma qualcosa non torna. Più sembra perfetta, la clonazione del calcio dei grandi, più l’articolazione propagandistica del progetto stride, come se a un ginocchio venissero tolte le cartilagini. Il livello di professionalità che l’impegno mediatico scarica sull’evento è imponente e come tale distorce un po’ la realtà costringendo tutti a una specie di recita involontaria. Dai telecronisti ormai “condannati” a parlare comunque di difese in linea e di fase di non possesso, ai tecnici intorno ai quali la camera gira come se avessero chiesto una mano a Brian De Palma. Per finire con gli arbitri che al momento del sorteggio trattano i capitani con un sussiego imbarazzante. Tutto procede secondo programma finché il giapponese del Jef United segna una rete all’Inter: il piccolo va fuori tema perché non si esalta, anzi esibisce un sorriso quasi imbarazzato, come è nell’indole dei tanti fanciulli ancora a misura di fanciullo, ossia non ancora istigati dal sistema a esultare con un copione da star, come molti dei “colleghi” visti ieri e come tanti altri sui campi delle giovanili senza tv. Le italiane in campo sono Juve, Inter e Roma. Nonostante il figlio di Totti, Cristian, la Roma ha perso 4-0.
Avvertenza per le maestre elementari. Se dei signori vi chiedessero il permesso di filmare il rubabandiera della Quarta B con la scusa a voi incomprensibile di «aver individuato dei bei prospetti», alzate pure il prezzo. Tanto l’affare si fa sicuro.