Presente alla ‘Nuvola’ per l’evento Più libri, più liberi, il direttore sportivo della Roma Monchi è protagonista della biografia “Monchi. I segreti del Re Mida del calcio mondiale” scritto da Daniel Pinilla, con introduzione di Francesco Totti. Il giornalista Paolo Condò l’ha intervistato oggi:
Ore 11.45 – Inizia l’intervista di Condò:
Il Siviglia, un grande vanto. Il tuo percorso con le vittorie in Europa?
“Non avrei mai immaginato quando ho iniziato da direttore sportivo. Ho studiato e lavorato da avvocato dopo essere stato calciatore, ma un giorno il mio presidente mi parlò di questo ruolo. Credo che per responsabilità gli ho detto sì, era un momento difficile perché eravamo in Serie B, vicini al fallimento”.
Non c’erano neanche i cassetti delle scrivanie…
“Era dura, il problema economico era immensamente grande. Io però ho detto sì e ho incominciato a lavorare. Il mio metodo non è difficile da capire, ha 2 cose importanti: il lavoro, che è l’unica strada per arrivare al successo. E l’altra è il rapporto diretto con calciatori e allenatori. Questa è la mia forza. Sono sicuro che ci sono tantissimi d.s. che ne sanno più di me, ma sono stato più bravo in queste relazioni. L’importante è avere un rapporto chiaro”.
Sei sempre stato tifoso del Siviglia.
“Non so se è buono o brutto, ma per me è così. Era importante capire cosa si dice in giro della società e poi trovare una soluzione. Non è facile tenere la freddezza, l’ho fatto perché sono entusiasta e cerco di trovare una nuova strada per crescere, dagli elogi non si impara nulla. Mi ricordo dopo la prima coppa Uefa vinta tutti festeggiavano a Siviglia. Io parlai col presidente e gli dissi: ‘abbiamo un problema, se oggi abbiamo vinto domani tutti pensano che dobbiamo vincere ancora’”.
Sei stato il primo a vedere Dani Alves come nuovo Cafu.
“Dani aveva grande qualità, noi giocavamo con il 4-4-2 ed era difficile togliere i terzini titolai e avevamo 2 centrocampisti di lavoro. Avevamo bisogno di qualità, lui faceva e fa ancora la differenza, lo trovammo in un torneo sudamericano nel 2003 e giocava da esterno d’attacco. Andò solo il Siviglia a visionare, lo chiamammo e sapevamo che poteva fare tutto. All’epoca era difficile visionare giocatori, io lo portai in Spagna in prestito con diritto di riscatto, è stato l’acquisto ideale per capire come noi lavoriamo. Gli scout sono fondamentali, a Siviglia eravamo in 16, a Roma stiamo costruendo e siamo in 10. Ho voluto sviluppare la rete degli osservatori. Sabatini ha lavorato sempre bene sul mercato, ci sono tanti esempi di calciatori, ma se sono arrivato qui voglio fare meglio e lavoriamo per costruire una direzione sportiva vicina a me e alle mie idee”.
La storia di Van Persie andò male…
“Molti anni fa giocava nel Feyenoord, lo cercammo nell’estate del 2004. Lo seguimmo, cercavamo un esterno alto. Era tutto ok, ho mandato Fernandez qualche giorno prima per chiudere. Luiè arrivato a Siviglia, appuntamento alle 20,30 in albergo. Ma dopo non si presentò, lo aspettammo ma non si fece vive. Il Feyenoord anche non sapeva che fine avesse fatto. In realtà avevano già un accordo con l’Arsenal, volò a Londra e non se ne fece nulla”.
La Roma: due affari di mercato dolorosi come la cessione di Salah e quella di Paredes. Perché la seconda?
“Qualche volta il direttore sportivo deve fare quello che la società chiede. Non sempre posso prendere la decisione normale. Ci sono sempre due parti che decidono; è difficile poi quando un calciatore vuole giocare sempre e preferiva andare via. Qui era difficile e c’è già De Rossi. Parlando col mister abbiamo deciso di lasciarlo andare”.
I grandi talenti del vivaio della Roma: Totti, De Rossi, Florenzi. Un d.s. nuovo come si relaziona con questa caratteristica forte del territorio?
“Quando sono arrivato a Roma avevo un primo obiettivo: capire la Roma. Se tu non conosci il posto, la filosofia, la storia e i tifosi parti col piede sbagliato. Ho avuto la fortuna di poter parlare con tutti per capire la forma di attaccamento. Io ad oggi sono felice qui, sono andato via da casa mia e non era facile, professionisticamente è la prima volta che sono via da Siviglia”.
Hai avuto tante offerte: perché proprio la Roma?
“Non so…Immaginavo che qui potevo trovare un posto simile a Siviglia. Finora non ho sbagliato, lavoro con la stessa autonomia e responsabilità, questa era la mia prima idea per prendere una decisione. Dopo 29 anni non potevo sbagliare. Vero che mi hanno cercato altri club, anche più importanti per nomea, ma avevo dato la mia parola alla società e poi non so, ero convinto che Roma fosse il posto più interessante e adatto alla mia forma di lavoro”.
Contento dunque di essere a Roma?
“C’è un Monchi professionale che sta bene, ho un ottimo rapporto con Baldissoni, l’allenatore e i calciatori. Poi il Monchi familiare a cui manca qualcosa, è stato difficile lasciare situazioni familiari. Roma è un posto particolare, comunque ideale per me”.
Il rapporto con Totti?
“Buono, purtroppo sono arrivato nel momento meno indicato, ma lui me lo ha reso facile. La prima conferenza stampa qui è coincisa con la notizia del ritiro di Francesco. Ma ho parlato prima con lui guardandolo negli occhi, oggi stiamo lavorando assieme, lui è contento e anche io lo sono. Porterà tante cose della Roma di cui ho bisogno, è contento perché comincia a capire qualcosa di nuovo. Il percorso da giocatore è stato incredibile, da dirigente è tutto nuovo. Possiamo continuare a lavorare assieme per il bene della Roma”.
Hai detto che Schick non era ciò che cercavate sul mercato…
“Bisogna sempre vedere ciò che sono i bisogni della squadra e dell’allenatore, anche in vista del futuro. Il lavoro del direttore sportivo è capire cosa serve alla società, nessun allenatore dirà mai no ad un buon talento”.
Il favoloso girone di Champions della Roma? Io ho fatto ‘mea culpa’ per le previsioni sbagliate…
“Mi manca qualcosina, dopo Verona risponderò a questa domanda. Tutti sanno che in passato, dopo i successi a Roma ci si è fermati. Sarei più contento di battere il Chievo che dopo la vittoria sul Qarabag. Sarebbe importante per la crescita della società. La fase a gironi è stata bellissima, ma non ci dobbiamo fermare e serve arrivare a ciò che i tifosi domandano. Tutti sono contenti, ma si aspettano un po’ di più, ora abbiamo un esame decisivo, momento importantissimo del campionato”.
Le domande dei cronisti presenti:
Preferisce avere Totti da dirigente o meglio da calciatore?
“Tutti lo avrebbero voluto da calciatore, ma sono fortunato ad averlo accanto a me. I due Francesco sono uguali e straordinari”.
In che momento avevi deciso di scegliere Di Francesco?
“Qui c’è Mauro Baldissoni che è testimone. La prima volta che parlammo con Eusebio ero già convinto che fosse l’allenatore perfetto per il nostro progetto”.
Quale rinnovo è stato difficile? Quanto manca a quello di Florenzi?
“Nessuno, perché tutti volevano restare qui, da Daniele a Radja fino a Manolas e Perotti. Così è facile lavorare per me. Florenzi è il prossimo, ancora non so quando. Ma continueremo insieme per tanti e tanti anni”.
Che idea si è fatto del calcio italiano, soprattutto a livello politico?
“Ho una buona impressione da quando sono arrivato, ma parlo del mio lavoro. Guardandolo da fuori c’è un’idea sbagliata, poi arrivando qui vedo un lavoro dei club molto importante, tatticamente gli allenatori italiani sono bravissimi. Ho un’idea molto positiva, è vero che non conosco bene i problemi politici ma credo che voi italiani non dovreste parlare male del calcio nazionale”.
Come si fa a mischiare il mercato di prima squadra e dare spazio al settore giovanile?
“Il mio lavoro qui è di provare a fare la minima differenza. La Roma ha storicamente tanti talenti usciti dalle giovanili, c’è biosgno di tanto lavoro per consegnare in prima squadra vari giovani. Io devo continuare la strada che hanno cominciato prima di me, i club italiani stanno capendo questo lavoro per il futuro”.
Rapporto particolare tra lei e Pallotta. Come lo ha conquistato?
“Non so se l’ho conquistato. E’ vero che ho un buon rapporto, così come con tutti gli altri colleghi”.
Se in Champions dovessero scontrarsi Roma e Siviglia? Esorcizzerebbe il suo passato?
“Avrei tante questioni da risolvere…E’ una possibilità, se dovesse arrivare vi darò una risposto”.
La stima per Di Francesco porterà al rinnovo? Quanto senti tua questa Roma, creata per lo più da Sabatini?
“Non c’è miglior contratto della stima per l’allenatore. Io so di essere arrivato dopo uno dei migliori d.s. del calcio italiano, la domanda è quanto posso apportare io in questa Roma”.
Ore 11.15 – Atteso l’arrivo del d.s. Monchi per l’inizio dell’intervista-incontro.
GGR