La Lega Serie A promette di fare da traino politico, oltre che economico, di tutto il movimento calcistico, rivendica più centralità in Federazione, convoca presso la sua sede le altre componenti per provare a indirizzare il voto del 29 gennaio, ma poi finisce per litigare.
Il commissario Carlo Tavecchio, al termine dell’ennesima estenuante giornata, sfuggita di mano anche a lui, si presenta alle telecamere e ammette: «L’assemblea non si è pronunciata su una candidatura a presidente Figc né su un’alleanza». A due mesi di distanza dalla disfatta azzurra – scrive la Gazzetta dello Sport -, il sistema rimane prigioniero di veti ed egoismi, incapace di un sussulto di dignità.
Domani scadono i termini per presentare le candidature: non solo restano in campo Gravina (acclamato ieri dall’assemblea di Lega Pro), Sibilia (designato oggi all’unanimità dai 90 delegati della Dilettanti) e Damiano Tommasi, ma punta ad aggiungersi in corsa perfino Claudio Lotito il quale, pur in presenza di una divisione profonda in Lega, ha trovato le firme per candidarsi.
In assemblea i cosiddetti «riformisti» gli hanno suggerito di non compiere quel passo in avanti. Beppe Marotta è stato chiaro: «È inopportuna la tua candidatura perché non è condivisa dalla Lega». Idem Urbano Cairo, che gli ha risposto così: «Dici che il problema sei tu? No, Claudio, non ne faccio una questione personale. Ti apprezzo come presidente della Lazio e imprenditore ma per me non puoi rappresentare il rilancio del calcio italiano perché non ho condiviso la tua gestione della Lega negli ultimi anni».
La Lega, intesa nella sua collegialità, ha deciso di non decidere, ma Lotito vuole candidarsi ugualmente alla presidenza Figc. Restano due settimane per chiudere alleanze e comporre maggioranze. L’impressione è che almeno uno mollerà a partita in corso. Altrimenti, si consegneranno ad un bel commissariamento del Coni, che sotto sotto perfino qualche club di A comincia ad auspicare.