(R. Buffoni) Mancano undici giorni al 29 gennaio, giorno in cui la Figc dovrebbe eleggere il suo nuovo presidente. Il condizionale è d’obbligo, perché la situazione è, come si dice in questi casi, fluida. I candidati sono sempre tre: Sibilia presidente della Lega Nazionale Dilettanti; Gravina, capo della Lega Pro e Tommasi, numero 1 dell’Assocalciatori.
«Andare con tre candidati è devastante. Se sarà così noi al primo turno non votiamo, perché eleggeremmo un presidente che in Consiglio non ha i numeri per fare le riforme». Lo dice il presidente degli Arbitri, Nicchi, ma in fondo è quello che temono tutti. Tommasi è pronto a correre ai ripari: «Candidatura unica difficile, ma non impossibile. Ticket Gravina-Tommasi? Non lo so, sicuramente con 3 candidati ci dovrà essere la convergenza di uno su un altro nome, se non prima dell’elezione inevitabilmente in quarta votazione a meno che uno dei candidati non raggiunga il 50%».
Intanto il presidente del Coni Malagò ha ricordato: «Commissariare il calcio? Giorno dopo giorno i vari rappresentanti delle componenti iniziano a convincersi che ciò che ho avuto il coraggio di sostenere era solo una cosa di buonsenso». Al numero uno dello sport italiano risponde a stretto giro di posta Gravina: «Commissario? Tre candidati sono la massima espressione del principio democratico che è il voto», poi il presidente della Lega Pro presenta la sua “coalizione”: «In campo ora ci sono due aree politiche, una che fa riferimento a Sibilia, supportata da un imprevedibile personaggio di grande qualità ma sicuramente sempre onnipresente (Lotito, ndr), e un’altra che fa capo a me, a Tommasi e Ulivieri, che è un’area riformista». Ma Sibilia non ci sta: «Non si può dividere la campagna elettorale in buoni e cattivi, la patente del riformista non la può rilasciare nessuno». La partita è ancora aperta.