(R. Buffoni) Il presidente Pallotta, a Londra per godersi i suoi Boston Celtics, ha suonato l’adunata: da Monchi e Baldissoni vuole spiegazioni sul perché nell’arco di 4 partite (coppa Italia inclusa) sia venuto giù tutto, compresa l’immagine del reietto Nainggolan.
Ma il calcio è così: guai fermarsi e sedersi sugli allori perché gli altri continuano a correre, magari tramutando la rabbia in determinazione. È il caso della Lazio, quarta ma virtualmente terza forza del campionato. Anche la squadra biancoceleste ha attraversato il suo momento-no, coinciso con l’appannamento di super Immobile dovuto alla delusione Mondiali e culminato nel ko nel derby. Ma Inzaghi è riuscito ad attraversare il guado, paradossalmente sfruttando anche gli errori di Giacomelli nel famigerato Lazio-Torino. Da qui i biancocelesti hanno trovato ulteriore forza per imporre le loro qualità, che sono tante. Oggi la Lazio appare ai livelli di Napoli e Juventus, sostituendosi di fatto alla Roma. E questo, in una città come la Capitale che vive 12 mesi l’anno di derby, rende ancora più opprimente la crisi dei giallorossi. Di Francesco deve rimodulare la corsa sull’Inter di Spalletti con cui se la vedrà domenica 21, alla ripresa, a San Siro. Non è esagerato immaginare che sarà un esame decisivo per indirizzare il futuro del tecnico abruzzese.