(E. Menghi) La Roma gli fa perdere il sonno. «Non mi lascia dormire la prestazione, il resto si vedrà», dice Di Francesco, arrabbiato, stanco e confuso: «Non so cosa rispondere sul fatto che non segniamo. Non so perché siamo entrati impauriti e insistendo su un palleggio che non avevamo preparato. Facciamo fatica a fare gol, questo condiziona il nostro cammino. Non gira una cosa come dovrebbe». Non ha le risposte Eusebio, ma tante domande lo assillano in questo momento nero da cui non si riesce proprio ad uscire: «La Roma non deve vincere per l’allenatore, ma per se stessa, per andare in Champions League. So che i giocatori sono dalla mia parte. Passare con un rigore sarebbe stato importante per il morale, per la spensieratezza. Oltre a Dzeko sembrava che anche gli altri erano in vendita… Tranne Alisson». Florenzi era il rigorista designato, ma «chi scelgo scelgo non ne indovino una».
Il papà del capitano giallorosso ha avuto un piccolo malore in tribuna al penalty sbagliato, il figlio fa mea culpa: «Mi assumo tutte le responsabilità del caso. Ho sbagliato, amen. Purtroppo in questo momento siamo in un tunnel e non vediamo una luce, uno spiraglio. Dobbiamo girare questa ruota e lo faremo presto». Alessandro è stato uno dei pochi a restare ad ascoltare i fischi dei tifosi, mentre i compagni scivolavano negli spogliatoi: «C’è una regola che ci vieta di andare sotto la curva perché possono esserci attimi di tensione, la nostra amarezza è la stessa che hanno loro e quei fischi ce li meritiamo».
Gandini chiama tutti a raccolta: «Dobbiamo raggrupparci tutti, giocatori, allenatore e dirigenza, lavorare per designare quei percorsi stabiliti a inizio stagione e che ci hanno portato a raggiungere un traguardo intermedio importante come la qualificazione in Champions, che ci ha comunque tolto qualcosa perché da quel momento la squadra non ha avuto stabilità. Dobbiamo ripartire con rabbia e voglia: siamo costruiti per avere successo».