Mircea Lucescu, attuale Ct della Turchia ed ex Shakthar Donetsk, ha parlato della prossima sfida di Champions della Roma e dell’esplosione di Under.
Dove può arrivare Cengiz Under?
“Aspettiamo un po’, sta giocando bene ha avuto qualche difficoltà all’inizio, imparare la lingua, costruire rapporti con gli altri ragazzi, capire l’allenatore, ma le qualità le ha tutte. E’ un giocatore intelligente, rapido con un buon dribbling ed un tiro fortissimo, sa attaccare gli spazi e spero che possa crescere per la Roma ma anche per la nostra nazionale. E’ un bravo ragazzo e questo è importante”.
Secondo lei ha il carattere del leader?
“Si sono convinto che abbia il carattere giusto, ho parlato più volte col mister Di Francesco e col ragazzo anche per proteggerlo un po’. Devo ringraziare Di Francesco perchè gli ha dato tutta la fiducia ed ha avuto la pazienza di aspettarlo e gli ha dato continuità, questo è importante perchè il giocatore si sente parte di questa squadra. Ha comunque ancora bisogno di tempo, ha solo vent’anni, noi tutti vorremmo avere subito l’esperienza ma questa viene con il tempo con le partite con gli allenamenti con un bagaglio di conoscenze, diamogli tempo per crescere”.
I giocatori turchi in Italia spesso hanno stentato, secondo lei da cosa è dipeso?
“Dipende anche dai campionati, che sono molto difficili. Anche in Turchia non è facile per un giocatore giovane farsi vedere, pensi che la media età di questo campionato è ventinove anni. Tutti hanno bisogno di esperienza per esplodere in questi campionati, ma questo arriva col lavoro di tutti i giorni. Io ho avuto questa possibilità sia in Romania che in Italia, di far crescere i giocatori giovani che hanno bisogno di tempo di pazienza di tante cose, è molto difficile tra i diciotto e i ventuno anni disputare campionati complessi; questo l’ho potuto vedere anche con giocatori brasiliani di grandissimo talento. Questo succede perchè c’è grande pressione e li subentra la pazienza, per esempio l’ Inter non ha avuto pazienza di veder crescere uno come Coutinho”.
Calhanoglu, Emre Mor, Enes Unal ci sono molti talenti turchi che stanno sbocciando, sta crescendo il movimento sportivo turco?
“Sono bravi perchè le qualità loro le hanno, può crescere un bel gruppo ma c’è tanto bisogno di fiducia da parte dei loro club, di dare la possibilità di crescere. La gente deve capire che per ambientarsi un giocatore ha bisogno di tempo, nessuno può farlo subito., la lingua è una grande barriera, non è facile per loro imparare subito. Ad Under per esempio ho consigliato subito di imparare la lingua perchè è importante per lui capire e farsi capire”.
Lei come si trova con la lingua turca?
“Con la lingua turca non così bene, perchè non ne ho bisogno, qui tutti parlano tante lingue, i giocatori giocano fuori e parlano tutti tre o quattro lingue. Non ho problemi a farmi capire”.
Che squadra è lo Shakhtar e quanto c’è di lei nella squadra di oggi?
“E’ cresciuta come squadra durante gli anni, i giocatori sono li da diverso tempo e sono cresciuti insieme, giocano assieme da sei – sette anni. Era difficile prima quando c’erano tantissimi brasiliani, poi molti sono andati via in grandi squadre europee, ora sono tanti ma la costruzione è stata importante. Rimanere con gli stessi calciatori che sono cresciuti e sanno benissimo quello che devono fare con un gioco che gli permette di dominare gli altri, sarà una partita molto difficile, interessante e difficile. Sono riusciti con l’esperienza a diventare un po’ più attenti”.
Come mai i brasiliani si trovano così bene in Ucraina?
“Il calcio è lo stesso dappertutto, per lo Shakhtar è stato importante anche il suo presidente che ama il calcio stima i giocatori di grande talento, li ha comprati ed ha avuto la pazienza di aspettarli. Io in dodici anni ho lavorato proprio su questo, con la pazienza e grazie alla capacità dei giocatori di adattarsi abbiamo creato un gruppo che è cresciuto nel tempo, fino a quando chiaramente ognuno ha voluto provare nuove esperienze. Al momento Fred, che andrà al City, Marlos, Bernard, Taison sono giocatori di buon livello. Erano tredici, ora sono diminuiti, ma sono comunque bravi. Io ho fatto crescere dietro ai titolari, tanti giovani che poi ne hanno preso il posto. Dipende molto anche dal lavoro dell’allenatore, da quello che l’allenatore vuole”.
Un difetto, secondo lei, di noi italiani?
“Non si può dire (ride) il popolo italiano è un popolo di artisti. Qualche volta un po’ di superficialità esiste, ma io amo l’Italia, dove entrano gli italiani lasciano sempre la bellezza”.
Fonte: centrosuonosport