L’Eusebio Di Francesco che dopo la sconfitta di Kharkiv – anzi, dopo il ribaltone figlio di un secondo tempo da schiaffi – punta il dito contro i suoi giocatori, nello specifico quelli con maggiore esperienza, è il ritornello in rima della convinzione che via via si sta facendo strada dentro la Roma, la società Roma. In soldoni: la squadra non rende per quello che viene riconosciuta, stimata, pagata.
Perché altrimenti non si spiegherebbero i 16 punti di distacco dal Napoli in campionato. Perché altrimenti non sarebbe giusto tratteggiare un gruppo di ragazzi che sparisce dal campo alla prima vera grande difficoltà di un ottavo di Champions, difficoltà che una squadra come lo Shakhtar può legittimamente pensare di causarti.
Nella Roma, invece, funziona tutto al contrario. Funziona che l’esordiente Under ha l’animo leggero e il piede caldo, che Alisson – un altro alla prima stagione di Champions – non sbaglia una partita. E che gli altri – da Nainggolan a Dzeko, da Florenzi a De Rossi, da Strootman all’ultimo Kolarov – mollino come travolti da una valanga.
fonte: La Gazzetta dello Sport