Ha ragione Di Francesco quando dice: «Se si sceglie un allenatore, si scelgono le sue idee». Nel suo vangelo, infatti, c’è il 4-3-3 di base. Ovvio che tutto è interpretabile a seconda dei momenti e della corsa, ma la nostalgia per il 4-2- 3-1 che avrebbe dovuto favorire la prolificità ha avuto nel medio termine troppi effetti collaterali nella copertura del campo e così, dopo l’apertura di credito, il tecnico ha deciso per il ritorno sulle conoscenze d’inizio stagione.
Uno dei segreti – scrive la Gazzetta dello Sport -, raccontano a Trigoria, è la raccolta della semina del lavoro fisico fatto dopo la sosta. Non è un mistero che alcuni giocatori durante la sosta del campionato non abbiano lavorato al massimo delle loro possibilità (eufemismo). L’effetto collaterale è stato doppio: qualche infortunio di troppo alla ripresa e qualche rallentamento nei carichi proprio per evitare nuovi stop. Il paradosso, però, era che i test fisici già a febbraio evidenziavano ottima forma, ma la miccia andava accesa dalla testa. Nessun mistero. Se prima di Napoli, soltanto contro il Benevento in casa la Roma era stata capace di ribaltare un match, mentre troppe volte la squadra si era squagliata una volta in svantaggio, è perché la miscela tra autostima e concentrazione non funzionava. In questo senso, il lavoro dell’allenatore è stato costante ed ha portato a sottolineare un aspetto: «La parola fratellanza mi piace molto; per essere squadra è fondamentale».
Un concetto che nel confronto più importante della scorsa settimana è stato maggiormente sottolineato. «Di colloqui ne ho fatti tanti, quello è stato più incisivo. Ho detto che mi aspettavo di più, che dobbiamo lavorare insieme. Ci perdiamo alle prime difficoltà. Invece a Napoli abbiamo reagito alla grande ed è la squadra che vorrei sempre vedere in campo. Anche nelle difficoltà si gioca insieme, speriamo sia la vittoria della consapevolezza e che non ci faccia perdere la voglia di migliorare».