Il rientro di Defrel vale un fatto statistico non banale: solo altre due volte – Genoa-Roma del 26 novembre e Napoli-Roma del 3 marzo – Di Francesco aveva avuto un margine di manovra totale nelle scelte.
L’altra faccia della medaglia è la stretta esigenza, da parte del tecnico, di alzare il livello di competitività del gruppo, giusto all’inizio di un tour de force da sette partite in 23 giorni che arriva con la Roma che ha mostrato di aver inserito la marcia giusta. Il «guaio» è che il rendimento dei giocatori ha via via aumentato le distanze tra titolari e riserve.
È la Roma 2.0 di Di Francesco: quella di inizio stagione non aveva un undici base, le rotazioni erano una costante ad ogni partita. Ora non è più così. Ora – scrive la Gazzetta dello Sport – la squadra è formata da un impianto facilmente riconoscibile, con pochissime variazioni sul tema per gli appuntamenti top. Tredici uomini a giocarsi undici posti, giusto El Shaarawy in attacco e Pellegrini a centrocampo a insidiare la squadra che ha disputato l’andata e il ritorno con lo Shakhtar e la trasferta di Napoli.
Per intendersi: l’undici che scenderà in campo a Barcellona tra nove giorni, al netto di infortuni non preventivabili, è già fatto. Peres, Jesus, Silva (peraltro fuori lista Champions), Gonalons e lo stesso Schick – con tutti i distinguo del caso, soprattutto sul ceco – ad oggi vanno considerate alternative non all’altezza dei titolari. Questo, a pensarci bene, è l’esatto opposto della filosofia di Di Francesco. E sarà il primo punto del d.s. Monchi nell’ottica dei ragionamenti di mercato della prossima estate.