(G. Buccheri) C’è un peccato originale nella notte, alla rovescia, del Toro a Roma. Il peccato, per i granata, è non aver saputo affondare i colpi quando avrebbero dovuto: per l’intero primo tempo, Iago Falque e soci hanno avuto il sopravvento in tutto, occasioni e gioco. Risultato? Porta di Alisson solo sfiorata e giallorossi rimessi in partita dopo qualche fischio dalla tribuna, poche idee, moltissima nebbia. La storia che racconta la terza sconfitta di fila nella gestione Mazzarri, adesso, è là a testimoniare l’anonimato di una stagione granata dove c’è poco da salvare. L’aver tenuto in apprensione la Roma per metà gara senza nessuna rete all’attivo è l’ennesima dimostrazione di una squadra incompiuta: da queste parti hanno avuto la forza di vincere Inter, Napoli e Milan, ma anche Sampdoria ed Atalanta, quindi poteva farlo anche il Toro e non c’è riuscito. E guai a scomodare l’alibi degli assenti: gli uomini più dotati per colpire c’erano tutti, compreso Niang in campo nel finale.
ILLUSIONE PER 45′ – Il prato dell’Olimpico è, in avvio e per quasi un’ora, dolce ai granata perché la palla torna a scorrere con logicità e gli equilibri vengono rispettati. Iago Falque è una trottola: fa sempre lo stesso movimento con il pallone fra i piedi, ma lo fa ad una velocità tale da confondere le idee all’avversario di turno. Così, è là che saltano gli schemi e, come si dice spesso, si crea la superiorità numerica. Bravo è Baselli a fare da cerniera fra la posizione di interno sinistro e quella di trequartista, o quasi. Letta così, ecco che il Toro dà forza alle parole di un tecnico, Mazzarri, che chiedeva un calcio totale e lo ottiene nel senso che ognuno si danna l’anima per accorciare o allungare la squadra. Ma restare dentro alla gara per una sua parte soltanto è sintomo di debolezza.
CAMBIA L’INERZIA – La Roma non ha Dzeko nelle vesti di regista d’attacco e quella del bosniaco è la classica situazione di un giocatore di cui si sente il peso uno volta che non c’è. Schick ha sulle spalle la responsabilità dell’intera fase offensiva e della sua stagione, fino ad ora più scura che altro: i compagni lo cercano, lui prova ad inventare qualcosa, ma con scarsi frutti. Così le trame di casa si sostanziano per l’intero primo tempo in innocui spunti verso Sirigu senza mai arrivare dalle parti del portiere granata, ben protetto dal redivivo Moretti e da Nkoulou. L’inerzia del duello, però, cambia per terminare fra le mani giallorosse. Il Toro è come se sentisse di aver rianimato una Roma spuntata e indietreggia (quasi) inconsapevolmente fino a scomparire. In mezzo al campo, adesso, comandano De Rossi e soci e la rete del vantaggio di Manolas suona come una punizione annunciata in una notte dai grandi rimpianti. E lo stesso capitano romanista chiuderà i conti prima del sigillo di Pellegrini. La classifica granata piange, anche con una partita da recuperare: l’Europa è scappata via, la parte sinistra della graduatoria un incubo. Per la Roma testa ad una Champions dove, martedì, inseguirà l’ingresso fra le otto migliori: per farlo bisognerà recuperare l’1-2 con lo Shakhtar.