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Al botteghino da 34 anni

Di Bartolomei

(T. Cagnucci) – Siamo in fila al botteghino da 34 anni per rigiocare la finale della Coppa dei Campioni, da ieri è successo che per rigiocarla devi rigiocare veramente contro il Liverpool, come se quella partita veramente non si fosse mai disputata (così ci siamo detti per tanto tempo). Perché il fatto stesso che ci sia una possibilità è come poter prolungare la serie dal dischetto, 55 secondi e 34 anni dopo. Quel dischetto è una luna eclissata, un pozzo che ieri ha trovato il suo fondo: ritirate su il pallone. Si rigioca Roma-Liverpool. (…) È uscito il Liverpool. Giocheremo Roma-Liverpool e vale una finale di Coppa dei Campioni. Sono giorni strani. È già successo un mezzo miracolo: questi giorni ci hanno stordito come a quei tempi, quando andare allo stadio era un fiume di emozione, un muro arancione di sciarpe giallorosse e di mandarini sulla pista, sole sulle bandiere, capelli lunghi, jeans, tolfe, bandane, marmo bianco e sempre sole. È successo che stiamo rigiocando una semifinale di Coppa Campioni e la cosa ti stranisce già così, ma siccome lo fai con il Liverpool la cosa ha i contorni della magia, della metempsicosi, del ritorno di Goldrake alla sua stella . È successo che un racconto, un sogno sognato è diventato sorteggio. Il mondo una pallina. Ieri chi è romanista se ha potuto si è preso per forza un pezzo della sua giornata solo per sé, ha vagato, se ha potuto se ne è andato nel suo posto delle fragole, dove anche l’odore di una ringhiera, di un sampietrino, di un angolo di Roma gli ricordava quello che era, quello che ancora è. Ha vagato rintontonito come dopo i primi istanti del primo appuntamento andato bene. Attimi di primavera. Rincoglionimento da glicini. Sensazioni rallentante. Tempo sgranato. Antistaminici. Liverpool. Non solo devi gestire una gioia pura pura pura (pura come la Roma) di una semifinale splendida clamorosa imprevista strameritata, non solo ti alzi e ti spizzi tutto il sorteggio, ma il risultato di questa tua esperienza già extrasensoriale è il Liverpool.  (…) Ieri Luca Di Bartolomeisui social si è detto stanco di parlare del passato, del papà soprattutto legandolo a questa partita. Io a Luca voglio bene e pure tanto e se mi permetto di scriverlo pubblicamente è perché lui sa quanto e come è vero, quanto enorme rispetto e pudore provo ogni volta che parlo di Di Bartolomei. Gli chiedo quasi il permesso ogni volta. E mi pare il minimo. Anche adesso lo faccio, perché non chiedo a lui di parlare, ma a me stesso di dire una cosa, una soltanto: che ad Anfield e il 2 maggio noi in campo non avremo uno, ma due capitani. Ad Anfield e all’Olimpico noi avremo i nostri angeli. Avremo Dino Viola, Nils Liedholm, avremo il sorriso di quella bellissima persona che era Aldo Maldera, avremo tutti i canti cantati e inventati da Geppo, li avremo tutti quelli che stavano sul muretto. (…)

Fonte: il romanista

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