(L. D’albergo) – L’appello ai tifosi di James Pallotta, patron italoamericano della Roma, non è casuale: « I nostri fan dovrebbero dire alle istituzioni di accelerare sul nuovo stadio. Siamo vicini alla chiusura, ma se tutto va oltre il 30 giugno, o luglio, ci vorrà un altro anno e non avremo un impianto ».
Il ragionamento è quello del Pallottaimprenditore, del business man poco avvezzo alle lungaggini della burocrazia nostrana. Si riassume così: se si va oltre luglio, la nuova casa dei giallorossi rischia seriamente di non essere pronta per l’inizio della stagione 2020/ 21. Così andrebbe a farsi benedire ogni strategia di marketing. Poi ci sono gli investitori e gli sponsor, nomi di primo ordine che potrebbero perdere una volta per tutte la pazienza e mollare l’affare. La Roma, ancora, vuole proporre ai tifosi un’esperienza tutta nuova e non vede di buon occhio ( eufemismo) un trasloco a metà campionato. Ecco, allora, il pressing per evitare di far slittare l’inaugurazione alla prima giornata della Serie A 2021/22. Con un anno di ritardo rispetto al ruolino di marcia prestabilito.
Il presidente sa come scaldare i tifosi: « Abbiamo già speso più di 60 milioni sullo stadio. Si parla dei soldi per il mercato dei calciatori. Non si può continuare a spendere soldi così quando non hai un ritorno in cambio». Come a dire, i primi a rimetterci nel rimpallo tra Comune e Regione saranno i supporter della Curva Sud. Dunque? Mobilitazione? Si vedrà. Per ora c’è la risposta del Campidoglio. Dalle parti di Trigoria non sarà piaciuta: «La variante urbanistica – ha spiegato ieri a Radio Radio l’assessore allo Sport Daniele Frongia – sarà in aula tra luglio e agosto» . Il rischio di allungarsi troppo rispetto al cronoprogramma stabilito dalla Roma quindi c’è. «Le parole di James Pallotta? Noi seguiamo ovviamente quello che è previsto dalla legge – ha continuato Frongia – abbiamo visto la conferenza dei servizi, rispettiamo i tempi indicati dalle norme. Non siamo l’unica istituzione coinvolta in questo processo, c’è anche la Regione. Quindi, naturalmente, secondo i tempi possibili procediamo. Però l’elemento importante è che c’è un interesse comune di velocizzare». Il segnale? Secondo il M5S è arrivato già ieri in aula con il voto sulla variante che riguarda il ponte dei Congressi. Opera da 145 milioni a carico di Mit e Mef ideata, però, quando a Tor di Valle nessuno sognava uno stadio con annesso business park.
Fonte: La Repubblica