(M. Pinci) – Eppure il primo anno di Totti in pensione è volato via in fretta. Il 28 maggio 2017 il mondo era impegnato a vivisezionare ogni ruga aspettando la prima lacrima, la diga crollata insieme al pensiero di giocare ancora. Totti ha potuto dar spettacolo a San Siro per l’addio di Pirlo, emozionarsi per l’amico Buffon e per Vettel ieri nel paddock di Montecarlo. Ma il suo, di addio, in tv non è riuscito a rivederlo. Ci ha provato, e viene da immaginarlo mentre glielo chiedevano la figlia Chanel o il piccolo Cristian. Non ne è mai stato capace. Anche perché questo anno zero non è stato così male. Lo ha riempito di vita nuova, del rapporto con Monchi, del pressing per convincerlo a «prendere quelli forti». Quale fosse il ruolo del nuovo Totti lo ha capito solo a settembre. L’iniziazione quasi un contrappasso: fermare Dzeko, lanciato dopo il pareggio con l’Atletico in uno sfogo arricchito da paragoni imbarazzanti con l’anno precedente. Poteva sembrare sfiducia verso l’allenatore, così Totti il giorno dopo a Trigoria ha deciso di occuparsene: nello spogliatoio lo ha avvicinato, una battuta tra il serio e il faceto, un’altra più ferma in modo che il messaggio arrivasse chiaro. E prezioso fu mesi dopo, quando il video cocktail e bestemmie di Capodanno convinse Di Francesco e Monchi a escludere Nainggolan. Come dirglielo? Ci pensò Totti, raggiungendolo a casa, in modo da circoscrivere la reazione senza che producesse contagio. La forza di chi conosce gli spigoli dello spogliatoio. Chissà che prova nel vedere il giovane Ünderusare l’armadietto dell’Olimpico su cui ha impilato scarpe e magliette per un quarto di secolo. La moglie Ilary racconta che in quest’anno Francesco non è cambiato granché: è ancora a dieta ferrea per non cedere alla tentazione di “sbragare”, soprattutto è sempre con la squadra, solo senza giocare. L’ha abbandonata una volta, a Baku: voleva festeggiare in famiglia il 1° compleanno diverso. Debolezze di un uomo scosso dai dubbi: ha pensato di allenare abbandonando dopo un paio di lezioni il corso organizzato per lui. E disertato il viaggio a Londra con i dirigenti che l’avevano convocato in ritardo. Vizi di nostalgia. Quella della gente la medicherà dall’8 luglio giocando di nuovo: a Mosca nei Mondiali riservati alle leggende del calcio. C’è chi continua a suggerirgli di concedersi una gara di addio, e lui ci ha pensato pure. Ma poi quell’emozione vecchia di una anno è tornata a bagnargli gli occhi e a dirgli che di un film, per quanto bello, non si può cambiare il finale.
Fonte: Repubblica