(M. Pinci) – C’è una voce in crescita costante, nei numeri del calcio italiano. Sono le plusvalenze, divinità a cui ogni squadra finisce per rivolgersi. Sono cresciute dell’85% in 12 mesi, da 376 a 693 milioni. E garantiscono vantaggi contabili utilissimi. La Roma vende le proprie stelle al prezzo più alto possibile, garantendosi plusvalenze ma anche liquidità, ossia soldi. Tanti hanno scelto altre strade. L’effetto è di assistere a un impennata delle valutazioni: Mandragora va a Udine per 20 milioni, la Juve fa plusvalenza, poi magari tra un anno lo ricomprerà per 24 (ha il diritto di riacquisto, introdotto da quest’anno in Italia). Tanti? Forse. Come i 9,5 della valutazione di Santon. Ma la tendenza dell’ultimo anno è soprattutto scambiarsi dei Primavera a cifre altissime. Un modo per dar una mano di vernice ai conti senza depauperare la rosa. Solo la scorsa stagione in Serie A sono stati venduti 16 Primavera per 45 milioni (ma spesso erano scambi) che hanno giocato in A appena 353 minuti. Nulla. Mai sentito parlare di Bettella? Dopo un anno in Primavera, l’Inter lo ha appena venduto all’Atalanta per 7 milioni. Percorso opposto un anno fa per Bastoni, all’Inter per 10 ma restando in prestito a Bergamo, dove finì pure Eguelfi per 6. In tutto Suning nel 2017 ha collezionato 33 milioni di plusvalenze senza vendere un solo big. Tutti lo fanno: al Genoa l’Inter ha venduto il portiere Radu e il terzino Valietti per 14 milioni. Se la Juve dà l’emergente Romagna al Cagliari per 7,5 milioni, si prende Del Fabro a 4,5. E se il Sassuolo rivende Pellegrini alla Roma per 10, prende per la stessa cifra Ricci, Marchizza e Frattesi. La Procura Federale ha deferito Chievo e Cesena: grazie agli scambi gonfiati, è l’accusa, hanno potuto ottenere l’iscrizione. Poi certo, scambiarsi plusvalenze fa crescere i costi d’ammortamento. Ma niente paura: per rinviare il problema, basterà un’altra plusvalenza.
Fonte: La Repubblica