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I ‘soci’ di Parnasi vogliono la libertà

La pronuncia del Tribunale del Riesame sulle istanze di scarcerazione avanzate dai collaboratori di Luca Parnasi sarà il primo banco di prova per misurare la tenuta dell’impianto accusatorio costruito dalla Procura di Roma. Tra oggi e domani i giudici della libertà dovranno decidere se far uscire di prigione Gianluca Talone, Simone Contasta, Giulio Mangosi e Nabor Zaffiri, tutti legati al costruttore romano e accusati di far parte, insieme a lui, di un’associazione a delinquere «finalizzata a ottenere, mediante l’avvicinamento di pubblici ufficiali, il compimento di operazioni di intermediazione illecita, la promessa e/o dazione di denaro e di altre svariate utilità, provvedimenti amministrativi favorevoli alla realizzazione del nuovo stadio della Roma». In particolare, Talone è il commercialista di fiducia del gruppo Parnasi che aveva «il compito di curare le operazioni contabili delle operazioni delittuose»; Contasta, in qualità di dirigente di Eurnova srl «collaborava con il capo nella cura degli interessi dell’associazione operando, affermando la piena, consapevole e incondizionata adesione al programma criminoso del sodalizio»; Mangosi è uno dei funzionari della società, che aveva «il compito di curare le relazioni corruttive con esponenti locali della politica»; mentre Zaffiri, come avvocato del gruppo imprenditoriale, si occupava «di predisporre i modelli contrattuali che dissimulavano le utilità fornite ai pubblici ufficiali nell’ambito dei rapporti corruttivi». L’ultimo dei cinque collaboratori finiti in carcere il 13 giugno insieme a Parnasi è Luca Caporilli, dirigente di Eurnova, che aveva il «compito di mantenere rapporti con le figure professionali ingaggiate per la mediazione illecita e con alcuni esponenti della pubblica amministrazione». Dalla galera è passato ai domiciliari, su decisione del gip Maria Paola Tomaselli, dopo che, nei giorni scorsi, ha fatto alcune ammissioni ai magistrati sul denaro dato a un funzionario pubblico e, più in generale, sul «sistema Parnasi». «Parnasi non faceva mistero delle utilità date ai politici e delle finalità delle stesse, ossia di avere un atteggiamento di favore nelle pratiche amministrative trattate», ha spiegato Caporilli il 18 giugno davanti al pm Barbara Zum. In quell’occasione ha anche precisato quale fosse il ruolo di Luca Lanzalone: «Era il referente del Comune per l’affare stadio e lo è stato sin dall’inizio del 2017, fino al giorno del nostro arresto». «Lanzalone era la persona che ci risolveva le problematiche sullo stadio», ha tagliato corto Caporilli. In sostanza, l’avvocato genovese aveva il piede in due staffe: rappresentava gli interessi dell’amministrazione capitolina e, nello stesso tempo, cercava di trovare soluzioni favorevoli al costruttore. L’ex presidente di Acea è ancora ai domiciliari, visto che il gip ha respinto venerd’i scorso l’istanza di scarcerazione. Parnasi, invece, non ha chiesto né il riesame, né la scarcerazione.

Fonte: Il Tempo

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