(L. De Cicco) – Con la sordina azionata, in Campidoglio è partito l’ordine a tutti gli uffici: cercate atti e incarichi che riguardino Luca Lanzalone, il superconsulente del M5S finito ai domiciliari per l’inchiesta sulnuovo stadio. La lettera è stata spedita la settimana passata dal Segretariato generale del Comune, destinatari i dirigenti di tutti i dipartimenti chiave di Palazzo Senatorio, a cominciare dall’Urbanistica, l’ufficio che ha seguito passo passo l’operazione Tor di Valle e che ora si ritrova con un funzionario indagato per corruzione. La direttiva di fatto servirà a capire quali tracce abbia lasciato il “mister Wolf” dei 5 stelle nella macchina burocratica della Capitale, quanti dossier siano finiti sulla sua scrivania ufficialmente e quanti, invece, siano arrivati lì di sghembo. In parallelo, pochi giorni fa, è partita l’altra ricognizione, la due diligence che i pentastellati hanno annunciato subito dopo la maxi-retata che ha portato Parnasi e sodali in carcere. Stavolta l’input è direttamente di Virginia Raggi. La sindaca ha preso carta e penna e ha scritto agli assessori per chiedere una verifica approfondita su tutti gli atti amministrativi del progetto stadio. Dell’indagine interna la grillina ha parlato di nuovo ieri: «Se lo stadio si farà? Adesso vedremo, c’è un’attività di verifica: se tutto risponderà e sarà rispettato, immagino si andrà avanti», ha risposto mentre inaugurava un campetto di pallacanestro a Talenti, nel III municipio di Roma, il distretto che il M5S si è appena visto soffiare dal centrosinistra alle elezioni di domenica scorsa. «Capite bene – ha aggiunto Raggi, molto prudente – che alla luce delle notizie che escono, sarà fondamentale verificare bene ogni cosa». Messaggio chiaro: calma e gesso, dopo gli arresti tocca muoversi coi piedi di piombo. Tutto avverrà «nel solco della legalità», assicura Raggi. Ancora più cauti, per usare un eufemismo, sono i dirigenti comunali. «Fino a quando non sarà tutto chiarito, non firmiamo nulla», vanno dicendo dal 13 giugno, il giorno in cui l’inchiesta è deflagrata, i funzionari che materialmente dovrebbero mandare avanti, a colpi di timbri e sigle, questa controversa operazione immobiliare che appare ormai precipitata nel burrone delle accuse e delle tangenti.
PSICOSI TRA I CONSIGLIERI A Palazzo Senatorio l’aria è tesa da giorni e le dichiarazioni di Parnasi ai pm rendono il clima più sinistro e cupo. «Ho pagato tutti i partiti», ha detto il costruttore che sognava l’affare Tor di Valle e questo rinvigorisce paure e sospetti, non solo tra i politici indagati.La truppa grillina, quella che in teoria, prima della retata, avrebbe dovuto votare proprio in questi giorni la maxi-variante urbanistica con migliaia di cubature in più per i privati, si attorciglia attorno al dibattito stadio-sì, stadio-no, stadio-forse, come nei giorni della trattativa con la Roma di inizio 2017, il momento in cui apparve in Campidoglio Lanzalone, l’avvocato “risolvi-problemi” dei Cinquestelle. La gran parte dei grillini ormai è convinta che non ci siano alternative: tocca restare col piede incollato sul freno. Iter congelato, aspettando gli esiti della due diligence di Raggi e soprattutto dell’inchiesta in Procura. C’è anche chi vorrebbe far ripartire tutto da capo, con una nuova delibera che riporti le lancette indietro al 2014, per valutare, di nuovo, se lo stadio col gigantesco «Ecomostro» di uffici, negozi e alberghi, possa davvero essere considerato di interesse pubblico oppure no.
Fonte: il messaggero