(F. Schito) – La cessione di Alisson al Liverpool è soltanto l’ultimo capitolo del grande libro delle cessioni che coinvolge Roma e Lazio, in un decennio caratterizzato dagli addii importanti. Una tendenza che risponde in pieno a quelle che sono le esigenze del mercato, con i club ormai abituati a finanziare le campagne acquisti grazie a trasferimenti in uscita a dir poco eccellenti. Un modo di agire che non riguarda quindi soltanto le due romane, che in un ipotetico derby dei ceduti potrebbero schierarsi con formazioni di primo piano.
A difendere la porta giallorossa, ovviamente, il brasiliano, che rappresenta anche la plusvalenza più alta della storia del club. In difesa, un terzetto che ha fatto le fortune di Walter Sabatini, che ha saputo finanziare le sue campagne grazie a Marquinhos (ceduto a quasi 32 milioni di euro a un solo anno dall’acquisto, perfezionato a circa 5 milioni di euro), Benatia, partito direzione Monaco di Baviera per 28 milioni di euro a dodici mesi dall’approdo in giallorosso per 13 milioni, e Romagnoli, capitalizzato immediatamente dopo una buona stagione in prestito alla Sampdoria: 25 milioni di euro e il 30% dell’eccedente rispetto ai 25 milioni su una ipotetica futura cessione da parte del Milan. Una linea arretrata rinforzata dagli esterni: nel giro di sei mesi, Monchi ha incassato dal Chelsea 55 milioni (più bonus ancora da raggiungere) per la coppia Ruediger-Emerson Palmieri. Centrocampo di tutto rispetto, con il duo Pjanic-Paredes che ha fruttato la stessa somma dei due ceduti al Chelsea. Infine, Radja Nainggolan e i suoi 38 milioni a ridosso di Mohamed Salah ed Erik Lamela, due che in Inghilterra non hanno avuto di certo lo stesso rendimento, con l’egiziano star assoluta del Liverpool e l’argentino ridotto a essere “uno dei tanti” al Tottenham.
La Lazio può rispondere con Marchetti in porta, arrivato in biancoceleste per circa 5 milioni all’apice della carriera e lasciato andare soltanto qualche mese fa a parametro zero. Davanti al portiere, un altro addio senza un corrispettivo economico, quello di Stefan De Vrij, che ha preferito accasarsi all’Inter invece di rinnovare. Discorso diverso per il suo compagno di reparto, Wesley Hoedt, sbarcato nella Città eterna a parametro zero e partito un’estate per 17 milioni di euro. I due terzini risalgono a qualche stagione fa, ma Stephan Lichtsteiner e Aleksandar Kolarov hanno entrambi fatto sorridere le casse biancocelesti. In un ipotetico 4-4-2, Felipe Anderson sarebbe sacrificato sulla corsia sinistra con il suo fresco approdo al West Ham, con Antonio Candreva sull’out opposto: l’ex Cesena ha fruttato 22 milioni di euro, 4 in più di Hernanes, ceduto all’Inter nel gennaio del 2014. Completa la mediana Lucas Biglia, venduto a 17 milioni (più 3 di bonus) dopo quattro stagioni in biancoceleste: era stato pagato 8 milioni all’Anderlecht. Davanti un altro rammarico come Mauro Zarate, perso a zero dopo una lunga battaglia legale, e la plusvalenza monstre di Keita Balde, pagato 300 mila euro nel 2013 e venduto a 30 milioni nel 2017. Un derby potenzialmente entusiasmante, in un mercato sempre più alimentato dai grandi addii: una logica che ha toccato anche la Juventus, da sette anni regina della Serie A ma costretta a far partire grossi calibri come Pogba e Vidal per reinventarsi, e il Napoli, che negli anni ha dovuto lasciar andare gioielli come Lavezzi, Cavani e Higuain. Senza dimenticare le grandi d’Europa, con il Barcellona che ha realizzato una cifra irreale per Neymar e il Liverpool che ha creato un canale preferenziale proprio con i blaugrana, per Suarez prima e Coutinho poi. Per dirla con Monchi, vendere non è un problema, comprare male si.
Fonte: il tempo