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L’esercito degli ex con la Lupa tatuata sul petto

(M. Ferretti) – Roma, come te non c’è nessuno. Non esiste al mondo un’altra società che abbia nel suo organico, distribuiti in ogni angolo del club, così tanti suoi ex giocatori. Una tradizione radicata nel tempo che ultimamente sta producendo numeri mai visti. La società ha una proprietà americana, ma un’anima profondamente romanista. C’è chi ha indossato la maglia della Roma per una vita e chi solo per una stagione, ma la sostanza non cambia. C’è chi ha vinto uno scudetto e chi non è nemmeno arrivato a giocare in prima squadra, ma anche questo non conta. Conta il senso di appartenenza. L’essere e il sentirsi romanisti, perché la maglia giallorossa diventa una seconda pelle, e in questo caso non è soltanto un modo di dire. Non chiamateli ex, insomma.

DA TOTTI IN GIÙ – Si parte con Francesco Totti (ovviamente…), che fa parte dello staff del ds Monchi nelle vesti di delegato ai rapporti con la prima squadra, tecnico compreso. E, poi, in ordine sparso: Eusebio Di Francesco, l’allenatore proprio della prima squadra; Marco Savorani, stimatissimo preparatore dei portieri giallorossi; Morgan De Sanctis, il team manager del gruppo affidato a Di Francesco; Federico Balzaretti, primo collaboratore del ds Monchi; Antonio Tempestilli, responsabile del centro sportivo Fulvio Bernardini; Bruno Conti, sovrintendente delle Academy della società di Trigoria; Stefano Desideri, braccio destro di Conti, e Alberto De Rossi,allenatore della formazione Primavera. Nella folta squadra che fa capo a Roma Studio, cioè la parte media del club, ci sono Alessio Scarchilli, Stefano Impallomeni, Ruggiero Rizzitelli, Ubaldo Righetti, Max Tonetto, Vincent Candela, l’ultimo arrivato Marco Amelia, Alessio Calicchia e lo chef Roberto Scarnecchia. Poi c’è Sebino Nela, che è delegato a mantenere i rapporti con la tifoseria e pure dirigente della Roma femminile. Un vero e proprio esercito romanista.
Una curiosità: nel gruppo media c’è anche Francesca Viola, nipote di Dino. Non ha mai giocato con la Roma, ma con quel cognome (e con quel nonno) è come se lo avesse fatto.

Fonte: il messaggero

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