(A. Angeloni) – Eusebio Di Francesco entra in campo, solito cappellino, gli occhiali, forse qualche chilo in più (non ce ne voglia): è stato fermo, piccolo e fastidioso intervento all’anca, ecco giustificato il sovrappeso. Prima di lui arriva un suo tweet «siamo pronti a ricominciare», slogan di una nota canzone da curva. La Roma ricomincia. Un po’ più pronta rispetto alla ripartenza dello scorso anno: Eusebio entra in campo (a Pinzolo, non a Trigoria) e davanti un gruppone di ragazzi guidati dai veterani Alisson e Perotti. Tutto un altro andare, insomma. Ce n’è, anche se la Roma è ancora incompleta. E’ un’altra Roma, è un altro Di Francesco ed è un altro Monchi.
PUNTO UNO – Perché è un’altra Roma. La rosa è extralarge: ci sono dieci calciatori nuovi rispetto alla passata stagione (non tutti titolari, Coric, Marcano, Cristante, Kluivert, Mirante, Santon, Zaniolo, Bianda, Pastore, Fuzato) e un solo big in meno, Nainggolan. Lo scorso anno da queste parti si piangevano le partenze obbligate di Ruediger e Salah, quella del Ninja, di fatto, è una cessione decisa/voluta dal club. Certo, ballano due nodi: Florenzi e Alisson («se arrivano offerte le valutiamo», ha ribadito Monchi), più un paio di ruoli ancora da decifrare, l’esterno alto ed eventualmente un centrocampista in più nel caso di ulteriore cessione in mezzo al campo. Quindi, ad occhio: ne potrebbero partire due e arrivare altri due. Ma Di Francesco intanto può lavorare su una serie di calciatori nuovi, come detto, non tutti titolari. Uno di questi però lo è, Pastore, individuato come uomo di qualità al posto della muscolarità della passata stagione. Inoltre una serie di giovani da studiare e svezzare, come Coric, Kluivert, Bianda. Marcano è l’esperto che ha preso il posto di Moreno, che l’anno passato ha fallito. L’altra novità è il ritiro a Trigoria, che ha subito un restyling quasi totale. Nuova la palestra, nuove le camere, nuova la parte esterna. A Roma fa caldo, ma lavorare a Trigoria può eliminare molti stress, che poi verranno incamerati durante la tournée statunitense.
PUNTO DUE – Un altro DiFra. Anche l’allenatore ha subito un resyling, operazione all’anca a parte. E’ al secondo anno, il che vuol dire conoscenza maggiore del gruppo e dell’ambiente. Abitudini consolidate e soprattutto la facoltà di scelte che lo scorso anno, per una serie di motivi, ha dovuto più subire che fare. Ha voluto un calciatore tecnico in mezzo al campo, ed è arrivato Pastore; ha voluto rinfrescare i ruoli di attaccanti esterni ed ecco Kluivert. Ora dovrà essere accontentato sullo smaltimento della rosa, al momento ci sono troppi calciatori in più, da Gerson a Defrel, e sul completamento della stessa. Se riuscisse nel miracolo di tenere Alisson, sarebbe meglio, ma questo non dipenderà solo da lui.
PUNTO TRE – Un altro Monchi. La vera stagione da ds è questa. Lo scorso anno ha dovuto prima subire il mercato (in uscita) poi farlo. Molto bene, al di là delle più rosee aspettative, Kolarov e in parte Under. Quest’anno è entrato nel decisionismo: in negativo (cedere Nainggolan) e in positivo (mettere la faccia – andando ad accoglierlo all’aeroporto – su un calciatore come Santon). Il suo lavoro non è finito, questo lo sa perfettamente anche lui. E Di Francesco.